La squadra di Inzaghi rimane la favorita, molto banalmente perché anche nel derby ha dimostrato di essere la più forte. Ma non senza difetti. Il suo tallone d’Achille sta nei cambi. Non in quelli migliorativi che servono per provare a trasformare un pareggio in una vittoria, ma in quelli conservativi. Che dovrebbero garantire il risultato fino a quel momento acquisito. È capitato a San Siro col Real Madrid, con la Juventus, nel derby d’andata, all’Olimpico con la Lazio, e sabato scorso. Peggiorando la formazione, inevitabilmente si peggiora la performance e quindi il risultato. E l’Inter degli ultimi 20 minuti della sfida col Milan era la brutta copia di quella incontenibile del primo tempo.
Rimane sola al comando e con una gara da recuperare. Ma – dopo l’impegno di Coppa Italia – sarà al Maradona contro il Napoli staccato d’una sola lunghezza dopo il successo di Venezia, e confortato dall’aver ritrovato nel pieno della sue facoltà realizzative il mascherato Osimhen, in attesa di Anguissa e Koulibaly, quest’ultimo fresco vincitore della Coppa d’Africa.
Sarà una sfida-scudetto come quelle del finire degli anni Ottanta. Che sfugge, come allora alla prevedibilità. L’Inter si presenterà a Napoli con minor certezze rispetto a qualche giorno fa. La squadra dell’ex Spalletti si giocherà molto, o forse tutto, in quei 90 minuti. Spettatore interessato della sfida del Maradona, sarà il Milan, rimesso in carreggiata nella corsa per lo scudetto dai cambi decisivi di Pioli (l’elettrico Brahim Diaz al posto dell’appesantito Kessie) e dagli errori di valutazione dell’Inter. Ma la squadra rossonera, pur denunciando qualche imperfezione rispetto alle altre, ha in questo mese il vantaggio di un calendario che potrebbe essere ancora più abbordabile se rispetto al derby ritroverà nel pieno delle loro facoltà Leao e lo stesso Kessie. Intanto, all’insegna del “Vive la France”, i gol di Giroud e le parate di Maignan già rappresentano una buona assicurazione contro gli imprevisti.
Intanto la Juventus continua nella sua marcia d’avvicinamento al Paradiso. Sia esso la zona Champions, già virtualmente raggiunta (ma l’Atalanta ,solo 13 punti in casa su 43, sua avversaria domenica prossima, ha una partita in meno), sia invece qualcosa di più grande e di impronunciabile fino a qualche giorno fa. L’arrivo di Vlahovic e Zakaria, entrambi in gol al debutto, ha dato la scossa a tutto l’ambiente bianconero. Ha rigenerato entusiasmo, come accade al bimbo che gioca la sua prima partitella con il pallone nuovo avuto in dono da Babbo Natale. Ha funzionato il tridente, Morata ha confermato di trovarsi a sinistra nella sua confort-zone, Dybala ha ispirato, la difesa ha retto con personalità. La Juventus è ritornata a essere se stessa. Ed è un avviso importante a tutti i naviganti. Nessuno escluso.
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