Al cospetto dei 70.000 di San Siro, il Milan non ha trovato il colpo del ko nonostante i rossoblù non avessero usato particolari accorgimenti difensivi per portarsi a casa il pari. Molto banalmente perché così va il calcio: tiri 33 volte e non fai gol, mentre a Cagliari era bastato un sinistro di Bannacer per schiodare la partita. L’inattesa frenata rappresenta l’ennesimo campanello d’allarme sulla sua capacità di superare la pressione che gli deriva dal dover vincere le partite cosiddette facili. Al “Maradona” o nel “Derby” gli stimoli vengono da sé: contro squadre come il Bologna doveva essere in sintonia con il ruolo che la leadership impone. Il Milan non è stato capace.
E’ stato invece capace il Napoli di andare a vincere a Bergamo, nonostante le assenze pesanti e nonostante l’Atalanta rimanga un avversario di tutto rispetto. Vi è riuscito per aver messo in mostra le sue peculiarità: la capacità di sfruttare le palle inattive (21 finora), l’avere la miglior difesa del campionato, il poter contare su un allenatore navigato che nel momento più difficile dopo il gol di De Roon – anziché difendere il minimo vantaggio – ha pensato ben di non sminuire la vocazione offensiva della sua squadra. Se il Milan rimane leggermente favorito, il Napoli ha tutte le carte in regola per giocarsela fino all’ultimo respiro. Il suo grande merito è stato quello di non cadere in una irreversibile depressione dopo la sconfitta interna con i rossoneri. Di lì in avanti ha solo vinto.
L’Inter rimane un po’ staccata dalle due. Innanzitutto perché il recupero di Bologna ha tutt’altro che l’aspetto della partita del “prego s’accomodi”. Quindi perché la vittoria dello Stadium lascia aperto un inquietante dibattito su ciò che potrà fare di qui alla fine del campionato. Saranno sufficienti i tre punti, l’entusiasmo ritrovato e la soddisfazione per essere ritornata a vincere dopo 10 anni sul campo della nemica che più nemica non si può per ritornare a pensare in grande? O sarà più realistico domandarsi dove sia finita l’Inter dell’andata con la stessa Juventus, dell’Olimpico con la Roma, del derby o di Anfield? Per indorarle la pillola, si potrebbe affermare che sia diventata “risultatista”, come lo siamo noi giornalisti troppo spesso condizionati nel giudizio dal risultato finale. Ma la vittoria di Torino per come è maturata non può autorizzare sogni di grandeur. Tocca all’Inter smentire la sofferenza di quella partita con prestazioni, da qui in avanti, in linea con l’obiettivo (sbandierato) della seconda stella.
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