Ha vinto a Cagliari dopo 50 minuti di dominio assoluto, aggiungendo ai tre gol altrettanti pali. Che sommati al poker rifilato alla Juventus in finale di Coppa Italia, la dicono lunga sul suo stato di salute. L’Inter sta bene. Viaggia seconda a meno due dalla vetta e con il miglior attacco del campionato. Ma è quello stare bene che precede il malessere di un contraccolpo ineluttabile. La certezza che al Milan basta ora un solo punto per cancellare dai progetti di metà campionato l’ipotesi della seconda stella. Già, il Milan. Contro l’Atalanta ha vinto e ha confermato di essere più forte delle proprie imperfezioni.
In una partita in cui molti hanno latitato, ha edificato il suo successo – il sesto consecutivo dopo i due pareggi con Bologna e Torino – attraverso l’imperforabilità della difesa (ben protetta dal solito Kessie e dall’inesauribile Krunic) e la letalità delle ripartenze, impreziosite dai colpi decisivi di Leao ed Hernandez. In assenza di un attaccante che sappia vincere da solo le partite – un Lautaro Martinez, tanto per intenderci – il Milan riesce sempre a trovare le vie alternative che conducono al gol. E contro l’Atalanta vi è riuscito nella ripresa dopo un primo tempo in cui la pressione per l’alta posta in palio aveva confuso le idee a molti
suoi giocatori. Il primo gol rossonero non è stato limpido. Il fallo su Pessina in avvio di azione poteva anche essere fischiato. Ma ormai più che al regolamento (che crediamo di conoscere) dobbiamo adattarci al metro di direzione di ogni arbitro. E in questo Orsato è stato coerente con se stesso.
Il Milan ha confermato la sua forza. Ben diversa da quella di un tempo, quando era armonioso nella lettura e nella stesura del copione della gara. Oggi è tremendamente solido, grintoso, anche tignoso. È molto più vicino ai concetti di Antonio Conte che a quelli che hanno da sempre caratterizzato la carriera di Stefano Pioli. È, una squadra, per dirla in maniera più sintetica, che somiglia più a Gattuso che ad Albertini. Divenuta col passare delle giornate sempre più consapevole di poter arrivare, e in anticipo sulla tabella di marcia, allo scudetto atteso da 11 anni. All’Inter, costretta a inseguire in una posizione quasi inedita nella sua storia, rimane ora soltanto il lumicino della speranza. E con essa il rammarico della fatal Bologna. A Milano è derby-continuo, anche se ancora per pochi giorni. Mentre a Genova questa penultima giornata ha sancito la salvezza della Sampdoria e il ritorno in serie B del Genoa 15 anni dopo l’ultima volta.
Per la terza retrocessa dovremo attendere gli ultimi 90 minuti. Nell’attesa abbiamo assistito, non senso un giustificato pizzico di commozione, all’addio di Lorenzo Insigne al popolo di Napoli. Gli lascia in eredità due coppe Italia e una Supercoppa italiana. Troppo poco? Purtroppo è capitato in un decennio particolare. Con tanta Juventus, cui ha fatto seguito il risveglio di Milano.
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