Alla Generazione X, il cartone animato “La formica atomica” non dice nulla. E la cosa è possibile in quanto è uno storico cartone animato di Hanna&Barbera del 1965 e, di conseguenza, dovrebbe essere noto ai genitori, se non ai nonni, dei ragazzi nati (convenzionalmente) tra il 1997 ed il 2012. La protagonista di quel cartoon era una formica antropomorfa che poteva parlare, volare, compiere acrobazie ed era dotata di una forza sovrumana.
Nel mondo del calcio, il nome “formica atomica” è il soprannome che ha da sempre contraddistinto un calciatore italiano. Un giocatore oggi di 35 anni con un corpo minuto (162×60), ma con una tecnica davvero molto importante. In pratica, una “formica atomica”…calcistica: Sebastian Giovinco.
Giovinco, torinese di Beinasco, oggi è un giocatore svincolato, senza contratto. La scorsa stagione ha giocato per sei mesi con la maglia della Sampdoria con cui ha disputato solo due partite, deludendo un po’ le attese, anche perché la squadra si è salvata con le ultime partite di campionato.
Prima di vestire blucerchiato, l’attaccante scuola Juventus ha militato nel club più forte (e prestigioso) dell’Arabia Saudita, il Al-Hilal di Riad. Con il club saudita, Giovinco nel 2020 ha vinto anche Champions d’Asia, diventando il primo italiano a vincere la massima manifestazione calcistica d’Asia. Ma Giovinco ha anche un altro primato nella sua bacheca: è il primo calciatore italiano a vincere almeno un titolo nazionale tra Italia (Juventus), Stati Uniti d’America (Toronto FC) e Asia.
Sono ormai lontani i tempi in cui Sebastian Giovinco segnava esultando mettendosi la mano in testa a mo’ di spanna e con fuori la lingua. Sono ormai lontani gli anni in cui si diceva che sarebbe stato il nuovo Alessandro del Piero. Sono ormai lontani gli anni in cui doveva dimostrare tanto ma che invece non è riuscito a farlo. E proprio questo è stato il limite di Giovinco: forte, ma poteva essere ancora più forte. Ed è stato un vero peccato non solo vederlo giocare in un campionato mediocre come quello saudita (la Saudi Professional League) e poi a faticare con la Sampdoria, lui che sotto la Lanterna sperava di dare (ancora una volta) una svolta alla sua carriera.
Giovinco aveva i mezzi per dominare in Italia, ma qualcosa è andato storto.
Il destino di Sebastian Giovinco è stato in parte legato a quello di un altro giocatore torinese e juventino, Claudio Marchisio: un anno di differenza tra i due, una vita alla Juventus entrambi (ventiquattro anni il “principino”, diciannove la “formica atomica”), l’esperienza empolese, l’essere entrambi propheta in patria.
Nel biennio 2005-2007, Sebastian Giovinco fu tra gli artefici delle vittorie della Juve Primavera in campionato, Coppa Italia, Supercoppa e al Torneo di Viareggio. A 19 anni debuttò anche in prima squadra in Serie B: era il futuro della squadra bianconera, ma necessitava farsi le ossa, magari in provincia dove avrebbe fatto esperienza e “capire” cosa significava giocare in massima serie. Per questo motivo, nell’estate 2007, passò in prestito all’Empoli di Gigi Cagni che il 20 settembre 2007 debuttò (con vittoria) in Coppa UEFA contro lo Zurigo (con la “formica atomica” in campo nello sfortunato match di ritorno). Come lui e con lui, Claudio Marchisio.
Dopo la buona stagione in Toscana, di Giovinco, allora 21enne, si diceva avesse il potenziale per diventare un punto fisso nella Juventus post “Calciopoli”. Del resto, quando uno poteva fare il trequartista, la seconda punta o l’esterno nel tridente d’attacco, ogni allenatore vorrebbe uno come Giovinco in rosa.
Cos’era Sebastian Giovinco, dunque? Fantasia, velocità, stop al volo di coscia e con il tacco in movimento. Era forte, aveva il futuro davanti, aveva tecnica da vendere tra dribbling, doppi passi ed il mettersi al servizio della squadra fornendo molti assist (al debutto con la Juve, contro il Bologna, il 12 maggio 2007, appena entrato servì la palla del definitivo 3-1 a Trezeguet, tanto per capirci). Ed il fatto di essere ambidestro era un vantaggio in ogni occasione in area. Per non parlare dei calci di punizione.
Eppure qualcosa non funzionò mai con la Juventus: nonostante i gol (anche pregevoli), nonostante piacesse ai tifosi, nonostante i tanti assist serviti, nonostante la voglia di fare la storia con la squadra del suo cuore, qualcosa si ruppe tra lui e la Vecchia Signora: prima il passaggio al Parma per diciotto mesi (biennio 2010-2012) dove per la prima volta in carriera andò in doppia cifra e dove, con il numero 10 sulle spalle, è stato il faro ed il fulcro dei ducali. Poi il discreto spazio con Conte e poi il poco con Allegri nella Juventus.
Giovinco (magari un po’ troppo arrogantemente) aveva chiesto, per la stagione 2012/2013, la maglia numero 10 dell’appena ritirato del Piero, ma gli fu assegnata la numero 12 perché la 10 non venne assegnata. Comunque tantissima personalità in soli 162 cm di altezza, visto che un po’ spocchiosamente in un’intervista aveva fatto intendere: “sono forte, mi tengono in panca, ma che ci sto a fare qua? Meglio che me ne vada”.
La parola “fine” sul suo rapporto con la Juventus fu l’arrivo di Carlos Tevez e, a malincuore, come ogni lavoratore stanco della propria posizione lavorativa, Sebastian Giovinco “si guardò in giro” e nel gennaio 2015 arrivò la richiesta da parte della squadra (anzi, della franchigia) di Toronto, club canadese che militava nella Major League Soccer, la massima serie statunitense.
La tecnica ed il nome di Sebastian Giovinco aveva travalicato l’oceano ed i canadesi avrebbero fatto follie (economiche) per accaparrarsi l’attaccante torinese. Il Toronto FC non volle pagare il prezzo del cartellino del giocatore alla Juventus, ergo, Giovinco avrebbe dovuto rescindere con la Juventus e liberarsi a parametro zero. Squadra e giocatore si accordarono: si chiuse così un amore iniziato quando Giovinco era bambino e che lo stesso Giovinco pensava potesse durare in eterno.
Le strade della “formica atomica” e della “zebra” si separarono un freddo giorno di gennaio del 2015 per non incrociarsi più. Tutti i tifosi dissero “va via per soldi”, “è un sopravvalutato”, “non vale del Piero” e altre cose così. La chimica era terminata, tutto era finito. Arrivederci e (a mala pena) grazie.
In Canada, Giovinco tornò sui suoi standard: col Toronto FC, in quattro stagioni, ha vinto un titolo MLS, un MLS Supporters’ Shield, tre Coppe del Canada (Canadian Championship) e oggi è il miglior marcatore di sempre in una stagione negli States: 22 reti in una singola stagione. Per non parlare degli assist: nelle stagioni canadesi, la “formica atomica” ha segnato 83 reti ed i passaggi vincenti sono stati addirittura cinquantuno. Un primato.
Sebastian Giovinco in maglia grigio-rossa ricalcò i fasti del quadriennio bianconero 2008-2012 ed i suoi avversari, tra East e West Conference, erano gente del calibro di David Villa, Bastian Schweinsteiger, Diego Valeri, Clint Dempsey, Andrea Pirlo, Giovani dos Santos, Robbie Keane, Federico Higuain, Tim Howard, Kakà e Michael Bradley. Perché la MLS non era un cimitero per elefanti come negli anni ’70 e ’80 (quando era NASL), ma un campionato in ascesa che attirava tanti campioni over 30 ma con tanta garra e con ancora tanto da dire (e da dare) al calcio mondiale. Gli scettici pensavano che Giovinco fosse lì per soldi: era lì per stupire, incantare, farsi rincorrere dagli avversari e a far raccogliere i palloni in rete dagli avversari.
Tutti a pensare “Giovinco non tornerà più in Italia, se non per le feste comandate o trovare i genitori”. Infatti niente Serie A, ma la firma con la squadra di Riad. Un cartellino del valore di un milione di euro a fronte di un ingaggio da 10 milioni di euro che lo rese, nel gennaio 2019, il calciatore italiano più pagato al Mondo. Come al solito, i maligni pensarono che giocasse solo per i soldi in un campionato davvero molto scarso ed invece anche lì, in pochi mesi, Sebastian Giovinco si impose come il giocatore più forte di tutti. E con la maglia biancoblu del club di Riad, la “formica atomica” ha vinto addirittura la Champions League asiatica: con la Juve si era spinto fino ai quarti di finale della Champions League europea, con Toronto aveva perso in finale (nel 2018) contro i messicani del Chivas nella CONCACAF Champions League ed il 24 novembre 2019 ha alzato al cielo la Champions asiatica. Inoltre contro gli iraniani dell’Esteghlal il 23 aprile 2019 Sebastian Giovinco era diventato il terzo giocatore a segnare in tre Champions diverse (il primo europeo). Con il Al-Hilal vinse anche il titolo nazionale, diventando così l’”eroe dei tre Mondi”.
Poi è arrivata la chiamata della Sampdoria, ma, come detto, i suoi mesi genovesi sono stati sfortunati, giocando in tutto solo trentasette minuti (24’ in casa contro la Juventus) per colpa di una serie di problemi ad un polpaccio. Dal 1° luglio è libero da vincoli contrattuali.
Manca vederlo giocare, manca vederlo calciare quelle punizioni perfette (“scuola del Piero”, non a caso), manca vederlo esultare prendendosi in giro. Perché, diciamocelo, chi ama il calcio non può non essere innamorato di Sebastian Giovinco. Lui che aveva le stimmate del predestinato, un giocatore completo che però non è mai riuscito a sfondare come avrebbe meritato.
E’ stata una bella storia e lo sarà fino a quando non dirà basta con il calcio. Una storia di 162 centimetri di altezza e due piedi che neanche un fanatico della Playstation saprebbe maneggiare con il joystick.
Articolo a cura di Simone Balocco
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