Premesso che siamo solo al 15 di settembre e che la Fiorentina ha disputato appena 4 partite di Conference League, ci sorge un dubbio: il giocattolo è definitivamente rotto oppure è solo incrinato? Ah, saperlo saperlo. Certo ora in primis tocca ad Italiano ricompattare la squadra, rimotivarla, darlo nuove soluzioni di gioco, farle ritrovare l’umiltà perduta. In secundis toccherà alla società riparare agli errori commessi col mercato di gennaio. Ai tifosi invece, che ci sono ora e ci saranno poi, diciamo di stare calmi perché in questo momento una contestazione manderebbe tutto quanto a rotoli.
Alla base di tutto due certezze: 1) la Fiorentina è una squadra psicologicamente fragile. Manca un leader, manca un trascinatore, manca chi dia la scossa nei momenti di difficoltà. 2) la rosa non è adeguata per il doppio impegno settimanale. Se poi ci mettiamo i tanti, troppi infortuni, spesso capitati agli elementi migliori (Gonzales, Milenkovic, Dodo’…) la frittata è fatta. E allora ci sorge un altro dubbio: dato per acquisito il punto 2, sarà forse il caso di scegliere (già da oggi) tra coppa e campionato? Lo ripetiamo, è ancora presto, la qualificazione ai turni eliminatori di Conference è ancora possibile, così come recitare un ruolo importante in campionato. Ma da qui al 20 novembre (data dell’inizio dei mondiali in Qatar) la Fiorentina dovrà affrontare 13 partite ripartite in 67 giorni: media una ogni cinque.
E se scavalchiamo la sosta, saranno 12 partite in 49 giorni: media una ogni quattro. Vedete che il calendario non da tregua, e rischiamo di arrivare al 4 gennaio (data del secondo inizio di campionato) fuori dalla coppa ed in fondo alla classifica. O magari ancora in corsa per la Conference e lo stesso in fondo alla classifica. Col rischio concreto di finire in serie B. Scenari apocalittici, lo ammettiamo, ma come dice il saggio: “meglio prevenire che curare”. Certo, la vulgata di “quelli bravi” dice che rinunciare ad una delle due competizioni (che poi sarebbero tre con la Coppa Italia) è un messaggio negativo, di scarso carattere, un segnale di poca personalità. Può essere, anzi… lo è sicuramente. Però, ad un certo punto, bisogna rendersi conto dei propri limiti, e se 10 partite ufficiali possono essere poche, dall’altro sono anche tante. Quantomeno abbastanza per capire il trend generale di una squadra. Anche saperlo riconoscere sarebbe un segno di umiltà.
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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