Diciamocela tutta: quando sono uscite le formazioni ufficiali di Fiorentina-Verona, due sono state le reazioni: 1) Italiano è impazzito e, lasciando fuori contemporaneamente Jovic e Cabral, in un solo colpo ha perso tutti e due. 2) però Italiano… che coraggio nello schierare Kouamè unica punta. E che segnale ai due (presunti) centravanti titolari. Del tipo: o vi date una mossa, oppure gioca uno che di mestiere farebbe la seconda punta ma che allo stesso tempo ce la mette tutta, ci mette il cuore, spende fino all’ultima goccia di sudore prima di mollare.
Alla fine di Fiorentina-Verona il responso è: buona, buonissima la seconda. Buono quel ragazzo ivoriano che (soprattutto nel primo tempo) ha rincorso tutto e tutti, buono il suo movimento, buonissimo il suo pressing, il suo caos organizzato. Tanto da far sembrare finalmente una Fiorentina 11 contro 11. Dall’altro lato Luka Jovic che, interpellato da Italiano a metà secondo tempo, osa dire: “no mister, non mi sento al 100%, faccia entrare un altro”. Detto fatto entra Cabral, con l’ex Real Madrid che perde l’ennesima occasione per riemergere dalle sabbie mobili.
Kouamè e Jovic, due modi di interpretare il destino, due modi di affrontare la realtà: aggredendola il primo, snobbandola il secondo, nonostante le aspettative tra i due (per carriera e per ingaggio) fossero esattamente opposte. E veniamo a Vincenzo Italiano. Detto della fortunata scelta di Kouamè prima punta, registriamo (vivaddio) anche il cambio di modulo, dal 4-3-3 al 4-2-3-1. Ago della bilancia Antonin Barak che, dall’alto delle sue caratteristiche e dal basso della sua condizione fisica, lasciava i tre di centrocampo per unirsi ai due esterni offensivi, creando una linea a tre dietro l’unica punta. Quel 4-2-3-1 richiesto da tutti, che il tecnico viola non ammetterà mai di aver assecondato, al punto di rinunciare al faccia a faccia con i giornalisti, demandato al vice Niccolini.
Il quale, tra il lusco ed il brusco, ha prima negato poi confermato, fino a trovare una scappatoia parallela: “è stato Barak con il suo movimento a creare il cambio tattico. La nostra era solo strategia”. Della serie: noi non gliel’avevamo chiesto, ma visto che l’ha voluto fare e che ha funzionato… Al netto di tutto la domanda sorge spontanea: fino a quando durerà? Questa nuova anima, questa rinnovata volontà di sacrificarsi, di aiutarsi l’uno con l’altro, così diversa dalle prestazioni di Empoli, Udine, Bologna, Istanbul… fino a quando andrà avanti? Basterà per risollevarsi, in coppa e campionato, e vivere una stagione da protagonisti? Ai posteri…
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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