Tutto molto bello, direbbe qualcuno. Di bello c’è la fluidità delle giocate del Napoli, la capacità di variare la proposta offensiva alternando la ricerca della profondità, e gli strappi con o senza palla, agli scambi veloci, i triangoli mortiferi sugli esterni, o sulla trequarti, e l’occupazione scientifica dei mezzi spazi o dell’area avversaria. Il tutto impreziosito dalle giocate individuali di chi, come Kvaratskhelia, Zielinski, Lobotka e Osimhen sa, con caratteristiche e scopi differenti, regalare momenti di grande calcio.
Se c’è un limite è forse quello di concedere qualcosa in fase difensiva e su questo difetto la Roma sa come intervenire. Le doti migliori dei giallorossi sono legate alla capacità di difendere posizionalmente e di ripartire sfruttando la qualità offensiva di chi sta davanti, come Pellegrini, Zaniolo e Abraham. Senza il rischio di sbilanciarsi troppo. Facile immaginare che la partita dovranno farla gli ospiti, con i giallorossi che avranno studiato il modo di trovare spazio degli avversari. Facile immaginare che Zalewski, l’eterno destro, Mancini, il centrale da quella parte, e Camara, intermedio nella posizione più vicina ai due compagni, dovranno triplicare la marcatura su Kvara, perché ormai si è capito che il raddoppio, da solo, non basta più contro il georgiano. Anche se scalare troppo da una parte rischia di aprire autostrade, contro una squadra come il Napoli che sa benissimo variare il fronte con i cambi di gioco.
Gli azzurri, finora, tra campionato e Champions, hanno vinto tutte le partite, a parte quelle pareggiate con Lecce e Fiorentina. Un rendimento impressionante con scalpi importanti come quelli di Milan, Lazio, Liverpool e Ajax. Oltretutto con un numero esagerato di gol all’attivo. La Roma si è comportata più che bene negli scontri con le grandi, pareggiando a Torino e sbancando San Siro, sponda Inter. Ora c’è la prova del nove per capire se davvero c’è un posto al sole in Serie A per l’ennesima impresa mourinhana.
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