Brodino, punticino, oggi compitino… chi ci segue se ne sarà accorto: da un pò di tempo, a margine dei commenti sui viola, usiamo solo diminuitivi. Brodino e punticino per la trasferta di Lecce, compitino per il 2-1 sul Basaksehir. Con l’intervallo del 3-4 contro l’Inter, una sconfitta… appunto. Perché è questa la sensazione: la Fiorentina ha buone capacità, grandi potenzialità, ma si limita alla minima resa col massimo sforzo. Per esempio: contro i turchi serviva una vittoria con almeno 4 gol di scarto? Per accedere agli ottavi da prima classificata ed evitare così i sedicesimi? Non sappiamo se i viola sapessero di questa eventualità (ci auguriamo di si), ma la realtà è stata tutta un’altra: preso il classico gol dovuto all’ennesimo errore individuale (stavolta è toccato a Gollini), la Fiorentina ha reagito, ha raggiunto il pareggio, per poi arrivare alla vittoria. Poi più nulla. Trick e track, gioco sterile a centrocampo, inutili passaggi al portiere. Ed il classico: “chi si accontenta gode”.
Quella fastidiosa immagine di una squadra che si accontenta, che non spinge, che tira a campare. Giro di palla lento, macchinoso, nessun guizzo della serie: questa la vogliamo stravincere. Come richiedeva la classifica. A questo proposito, al 72′, al momento del cambio Jovic-Cabral è successa una cosa rivelatrice. Anzi due. In primis i fischi al centravanti serbo, che ha di nuovo polemizzato con la curva e con lo stadio intero (mani portate dietro le orecchie e provocazioni varie). In secundis i fischi per Vincenzo Italiano. Buon per lui che i mugugni per Jovic hanno nascosto quelli a lui indirizzati, ma è innegabile che la tifoseria viola non ne possa più del suo talebanesimo tattico. Cioè, la Fiorentina è in vantaggio 2-1, deve segnare altri due gol per pareggiare la differenza reti e giocarsi il primo posto all’ultima giornata, e tu cosa fai? Togli il centravanti che, finalmente in serata, aveva già realizzato due gol? Per inserire un altro centravanti che (more solito) si troverà a combattere con una difesa schierata e con tutte le difficoltà del caso? Qual era il problema a lasciarli entrambi in campo? Forse il rischio che insieme avrebbero fatto faville e l’obbligo postumo di chiedere scusa a tifosi ed opinione pubblica? Niente da fare: un centravanti per un centravanti, due mezzale per due mezzale, un terzino per un terzino… questi i cambi di mister Italiano. Nessuna novità, nessun tentativo di forzare il quadro tattico precostuito. Come diceva Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo: “cambiare tutto affinché niente cambi”. Una, due, tre sostituzioni, una squadra (apparentemente) stravolta, col risultato che tutto resta immutato. Paura? Inesperienza? Incapacità? Non ci addentriamo ulteriormente. Quello che sappiamo è che la gente non ne può più. E, a sentire in settimana Bonaventura, neppure la squadra.
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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