Maturità che fa rima con umiltà. Ed i viola tornano finalmente con i piedi per terra

Il primo a lanciare l’allarme fu Cristiano Biraghi, all’indomani dello 0-3 contro il Basaksehir: “dobbiamo tornare coi piedi per terra, ecco la soluzione”, ebbe a dire. “Qualcuno si è montato la testa? Qualcuno si crede forte? Abbiamo la pancia piena? Allora siamo dei perdenti”. Parole dure, parole forti, parole da capitano. Quindi fu la volta di Italiano che, proprio dopo quella sconfitta, ammise di non saper più cosa fare. Di non avere il rimedio, di non saper trovare una soluzione. Parole anche queste dure, anche queste forti, ma anche parole pericolose. Infine Giacomo Bonaventura: “perchè non rendiamo come lo scorso anno?” gli fu chiesto, “perchè non c’è più Vlahovic” rispose l’ex-milanista. Per poi aggiungere che gli avversari oramai ci conoscono e che la Fiorentina da due anni gioca allo stesso modo. Parole dure, forti e chiare che avevano, stavolta, due destinatari: la società ed Italiano.

Ricapitoliamo: in poche righe abbiamo stilato un compendio terribile, per una squadra che aveva perso entusiasmo e determinazione, fattori che appena 12 mesi prima l’avevano portata in Europa. All’improvviso, anzi… da quattro partite: Basaksheir in casa, Spezia, Riga e Sampdoria fuori, i viola sembrano aver ritrovato lo smalto perduto, in una parola sembrano tornati con i piedi per terra. Innanzitutto lo spirito di gruppo (ricordate l’esultanza di massa dopo i due gol di La Spezia?), poi la concretezza (più palloni sparati in tribuna, meno giochini sterili a metà campo), quindi la maturità nel gestire partita e situazioni. Credeteci, per la prima volta a Genova contro la Sampdoria, non abbiamo mai avuto il timore che i doriani potessero farci gol. Ed anche nei momenti di maggiore sofferenza (vedi il finale di primo tempo) non si è mai avuta la sensazione che la Fiorentina potesse capitolare. Di chi è il merito? Dei calciatori in primis che hanno capito il momento e si sono rimboccati le maniche. In secundis… di Vincenzo Italiano. Vedete, ognuno ha i suoi tempi, nella vita come nel calcio, ed il mister siciliano deve pensare, meditare, ponderare, per poi cambiare. A piccoli passi.

Ecco allora che dall’intoccabile 4-3-3 si è passati ad un 4-2-3-1, con un centrocampo più folto e le mezzali che aiutano gli attaccanti. La Fiorentina gioca più in verticale, noterete infatti che la sua forza non è più il possesso palla, bensì i cambi di gioco per le frecce Kouamè ed Ikonè. Il pressing non è più così asfissiante, col risultato di non concedere i soliti 30 metri di campo all’avversario. Qualcuno dirà: su 4 avversari non se ne fa uno buono, e la teoria dei piedi per terra deve valere anche per opinionisti entusiasti. E’ vero, ma i risultati stanno lì a testimoniarlo: 4 vittorie consecutive, il passaggio nel girone di Conference, la difesa che subisce appena due gol, i centrocampisti che si inseriscono e segnano gol decisivi. Vedi Barak e Bonaventura. Però, c’è un però… non può mancare l’eccezione che conferma la regola, e questa si chiama Luka Jovic. Beninteso, anche lui è migliorato, soprattutto in fase realizzativa. Ma benedetto ragazzo, non è possibile vedere uno che si sta giocando un mondiale e (parole sue) il trampolino di lancio per una carriera migliore, passeggiare indolente per il campo. Ecco, l’immagine che ci lascia il serbo dopo Marassi è di un ragazzotto presuntuoso ed insofferente che passeggia per il campo. E noi non lo possiamo accettare. Soprattutto se dall’altra parte c’è un Cabral, carico e volenteroso, che scalpita. Attento Luka: il tempo sta per finire, e quel tempo non tornerà mai più

Editoriale a cura di Stefano Borgi

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