di Stefano Borgi
Basaksehir, Spezia, Riga, Sampdoria e Salernitana: cinque vittorie, due in casa, tre fuori, 11 gol fatti, 3 subìti. Un salto significativo nella parte sinistra della classifica, la qualificazione al play-off di Conference League, un recupero incoraggiante sul 7° posto che vuol dire Europa. E se non ci fosse stato quel finale rocambolesco (ed un pò rubacchiato) contro l’Inter la striscia positiva salirebbe ad otto, con la vittoria di Edimburgo ed il pareggio di Lecce. Che alla luce della sconfitta odierna dell’Atalanta (appunto in quel di Lecce) acquista ancora più valore. Insomma, una Fiorentina che sembra aver svoltato, quantomeno sembra entrata nella rotonda che porta alla consacrazione definitiva. Che non vuol dire lottare per la Champions League (tantomeno per lo scudetto), ma vuol dire esserci, far sentire la propria voce, sfruttare fino in fondo le tre competizioni che possono regalare un finale di stagione inaspettato. Chi ci segue ricorderà appena tre giorni fa celebrare la ritrovata maturità della squadra viola, insieme all’umiltà mostrata (e confermata nel 2-1 sulla Salernitana) nelle ultime uscite. Ecco, proprio contro i granata salentini si è avuta la dimostrazione plastica di questa crescita, segnatamente negli ultimi cinque minuti di recupero. Niente ansia, nessuna frenesia, nessuna ricerca pindarica del terzo gol. Anzi, errori ridotti al minimo e classica melina nei paraggi della bandierina. Duncan, Barak, Terzic, Saponara, lo stesso Jovic (guarda caso i cinque cambi di Italiano che, finalmente, hanno cambiato la partita) sono entrati con l’approccio giusto ed hanno congelato il gioco. Fino al triplice fischio finale. Sembrano dettagli, ma le vittorie nascono proprio dai particolari.
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