Quattro anni e dieci mesi per concorso esterno in associazione camorristica e frode sportiva. E’ la condanna richiesta dal Dda di Napoli nei confronti del difensore del Monza Armando Izzo, come riporta Il Fatto Quotidiano . Ieri c’è stata la requisitoria del pm Maurizio De Marco nel processo che ruota attorno a presunti episodi di calcioscommesse orchestrati dai fratelli Accurso, del clan della Vinella Grassi, risalenti alla militanza di Izzo nell’Avellino. Sono state chieste altre due condanne a 18 mesi per accuse di frode sportiva contestate a Salvatore Russo e Umberto Accurso.
La camorra entra nella vita di Izzo fin dall’infanzia. “Nelle partitelle a Scampia c’erano bambini, c’erano figli di mafiosi, c’erano pregiudicati, e soprattutto c’era tanta competitività”. Con il pallone fra i piedi, il piccolo Armando ci sa fare eccome e dai dilettanti dell’Arci Scampia arriva alle giovanili del Napoli. Così inizia la sua carriera, prima alla Triestina e poi all’Avellino, fino alla consacrazione in serie A con il Genoa. Nel 2016, però, il difensore viene inserito dal Dda di Napoli fra gli indagati nell’inchiesta sull’infiltrazione della mafia nelle scommesse calcistiche dopo la confessione del boss di Secondigliano, Accurso: Izzo sarebbe stato il “tramite” della camorra per la combine di Modena-Avellino (1-0) del 17 marzo 2014 e di Avellino-Reggina (3-0) del 25 maggio 2014. Accuse respinte dal calciatore, che si dichiara innocente ed estraneo ai fatti. Izzo confessa di aver conosciuto Accurso, ma afferma di non averlo aiutato a truccare le due partite, a cui per altro non partecipa simulando un infortunio. Il 12 aprile 2017 la prima sentenza della giustizia sportiva lo condanna a 18 mesi di squalifica e 50.000 euro di ammenda per non aver denunciato la combine, squalifica poi ridotta il 19 maggio a 6 mesi. Il 12 marzo 2018 Izzo viene rinviato a giudizio nel processo scaturito dalle confessioni di Accurso, ma il giocatore, convinto della sua innocenza, sceglie il rito ordinario al contrario dei suoi due ex colleghi ai tempi dell’Avellino Pini e Millesi, che invece optano per quello abbreviato. Decisa la difesa del classe ’92: “Ignorante io? Forse sì, ma criminale mai“.
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