Mihajlovic, la lettera di un bimbo colpito da leucemia: “Avrei voluto darti un pizzico della mia fortuna”
Scrive il Corriere, «Sono le 14:02 del 14 dicembre e sono appena uscito da scuola». Comincia così la lettera di Mirko, che oggi ha 13 anni ma che ha rischiato di non poterli festeggiare. La leucemia lo ha colpito quando ne aveva 9, poi l’ha combattuta e vinta con coraggio. Nel suo percorso ha conosciuto Mihajlovic , diventato amico e compagno di viaggio. Quando decide di dedicargli queste parole, sa che quello di Sinisa sta per finire. Impossibile restarne indifferente: «Mi suona il telefono, è mia mamma: ” Forse il mister non ce la fa “, mi dice. Bastano sei parole. Butto giù il cellulare e prendo un foglio. Non perdo tempo neanche per cercare una penna. Sul tavolo c’è una matita. Mi siedo e comincio a scrivere». La mente vola al primo incontro a Casteldebole: «Mi tremano le mani, mi passa davanti quel 18 novembre del 2020, uno dei giorni più belli della mia vita, trascorso con un grande campione, un grande uomo. Quel giorno stava andando tutto nella maniera giusta. Sia per me, sia per te, almeno stando a quello che potevano vedere i miei occhi da undicenne».
Allora entrambi sono reduci dal trapianto. Mirko ha un midollo tedesco, sul donatore sa solo questo. È appena tornato a scuola, più determinato che mai a iniziare la prima media. Lo aspettavano tutti, dal preside ai compagni, che lo abbracciano malgrado la minaccia del Covid. Sinisa allena il Bologna ed è incavolato per la sconfitta contro il Napoli, che gli ha rovinato la sosta. Ma quando vede Mirko il sorriso gli compare spontaneo: «Mi torna in mente il pugno che tirasti al sacco da boxe, mamma mia che spavento! Mi torna in mente il giorno della tua conferenza, quando hai annunciato di avere la leucemia. Subito, come oggi, decisi di mettermi a scrivere. Mi tornano in mente i video delle tue super punizioni, che ho sempre guardato con occhi spalancati. Mi torna in mente quell’uomo, quel guerriero che scendeva in campo, nonostante non stesse benissimo, per allenare il Bologna». Che per Mirko è diventata un po’ una seconda squadra, lui che è pazzo per il Parma. Inglese gli dedicava i gol, poi con Gazzola e i compagni lo andava a trovare nella stanzetta del Comitato Maria Letizia Verga, a Monza. Una chemio dietro l’altra, Mirko non ci pensava perché aveva occhi solo per le partite. Ma a maggio il campionato finisce e i dottori portano pessime notizie: «Le cure non stanno funzionando, bisogna trovare un midollo».
Sconforto, certo. Ma il motto di Mirko, mamma Romana e papà Danilo resta sempre lo stesso: «Il lupo a volte non è così cattivo come sembra». Glielo scrive anche a Mihajlovic nella loro prima lettera: «E fai uscire tante lacrime, sono un segno di forza!», si raccomanda. Quando lo vede, Sinisa lo ammette: «Sì, ho pianto. E tu sei stato forte. Non è facile vivere questa malattia». Mirko non lo dimentica ora che gli sta scrivendo un’altra lettera. L’ultima: «Ripenso a quanto sono stato fortunato e mi rammarico di non aver potuto dare a te anche solo un pizzico della mia fortuna.Provo a pensare a tutti i tuoi sacrifici, alle sofferenze e a tutti i momenti brutti che hai passato. Una persona che non l’ha vissuto non può capire. Non lo può neanche immaginare».
Mirko oggi sta bene ed è tornato a correre. Lo fa ovunque, soprattutto dietro a Zeus, il golden retriever che ha chiesto e ottenuto quando sembrava che stesse finendo tutto. Continuerà a farlo, magari vestito di rossoblù: «Voglio starti vicino, mi metto la maglia che mi hai regalato nel giorno del nostro incontro. Ecco, ora ti posso vedere, ti posso abbracciare, ti posso parlare. Tu non mi puoi rispondere, ma fa niente. Mi va bene lo stesso, so che in fondo lo stai facendo. Non voglio dirti tante parole, ti voglio solo ringraziare per tutto quello che ci hai insegnato. Ci hai insegnato a lottare, a non mollare, ad affrontare tutto a testa alta. Mille grazie non bastano Sinisa, ma io te li devo tutti. Fai buon viaggio, Mister».