Scrive Calcio e Finanza, Apple ha lanciato nella giornata di oggi il documentario “Super League: The War for Football”. Disponibile sulla piattaforma Apple TV+, l’opera documenta in quattro episodi la battaglia che è iniziata il 19 aprile 2021 con il comunicato congiunto di tutti i club promotori della Superlega europea.
All’interno del documentario spicca un’intervista ad Andrea Agnelli, ormai ex presidente della Juventus e uno dei maggiori promotori del progetto. «Una cosa estremamente importante per la nostra famiglia è che una cosa fatta bene può essere fatta meglio. Mai crogiolarsi nel successo, ma cercare nuove soluzioni. Nel 1997 mio fratello ci lasciò, io e mio padre facemmo una passeggiata di 45 minuti senza parlare. Poi, poco prima di rientrare in casa, mi disse: “Ora tu avrai ancora più responsabilità”. Mi ha fatto capire cosa sia la responsabilità, devi sempre pensare alle generazioni future».
Agnelli parla anche di alcuni aspetti intimi, come il rapporto con il presidente della UEFA Ceferin: «Io e Aleks abbiamo intesa e visione in comune, ne abbiamo discusso non solo in ufficio, ma anche durante le molte passeggiate al lago di Ginevra. In una riforma non soddisferai mai il 100% dei partecipanti, ma se soddisfi il 60/70% è un ottimo risultato».
«Avevamo una vera collaborazione con l’UEFA con cui i club avrebbero avuto controllo totale dello sviluppo commerciale delle competizioni. Ma cercavamo di ricreare una piattaforma che avrebbe dato al settore una grande stabilità. Padrino della mia ultima figlia? Quando è nata, è stato naturale chiederglielo. Ne sono orgoglioso, se mi succedesse qualcosa lui se ne prenderebbe cura», ha aggiunto l’ex numero uno bianconero.
Ancora sulla Superlega, e sulle accuse di mancanza di moralità: «Non credo si debba parlare di moralità, non ha niente a che vedere con gli affari. Secondo me avevamo la proposta perfetta per le competizioni internazionali. Tutto ciò non sarebbe successo se Ceferin non si fosse tirato indietro nel 2019. Non voleva prendere certi provvedimenti con la velocità e sulla scala che secondo me erano necessarie. Avevo cercato di plasmare il sistema dall’interno negli anni precedenti, ma la UEFA aveva opposto resistenza al cambiamento, ha reso difficile il progresso necessario».
«I dati parlano chiaro, nelle leghe e campionati minori calano tutti i dati legati all’interesse e le giovani generazioni non seguono il calcio», ha aggiunto Agnelli. Poi, un pensiero sul presidente della Liga Javier Tebas: «E’ concentrato sulla Spagna, non guarda all’Europa. Vuole solo sviluppare il campionato, non gli interessa lo sviluppo internazionale».
L’ex presidente della Juve prosegue sul suo doppio ruolo – all’epoca – di promotore della Superlega e di numero uno dell’ECA (l’associazione dei club europei): «Ho lavorato a due progetti paralleli: una lega separatista e dall’altra ho fatto tutto nell’interesse di squadre ed ECA».
Poi, una battuta sulla Juventus: «Amo la Juventus come squadra, amo le partite, mi appassionano e amo vincere le partite. Non amo la governance però. La UEFA agisce come se avesse il monopolio e abusa della sua posizione dominate. Ai più giovani piacciono le partite importanti, vogliono vedere lo spettacolo, partite imprevedibili, qualcosa che faccia rimanere il calcio il più grande spettacolo mondiale».
Tornando ai concitati giorni del lancio della Superlega, Agnelli ne ripercorre le tappe: «È stata annunciata quel famoso 19 aprile 2021. Sono stati giorni interessanti, ce lo aspettavamo ma c’era ancora tanto da fare. Eravamo pronti alle critiche, ma una reazione simile non può durare a lungo. Per carattere non mi do mai per spacciato, cerco soluzioni, percorsi e metodi alternativi».
«Abbiamo ricevuto grosse minacce, ci hanno minacciato di cacciare squadre dalle competizioni e giocatori dalle competizioni nazionali. Le sanzioni ce le aspettavamo, ma abbiamo fatto richiesta al Tribunale di Madrid di verificare se l’UEFA non stesse esercitando un monopolio. Quando vai al supermercato ci sono tanti saponi e scegli il tuo preferito. Dovrebbe essere così anche per le competizioni. Saranno i giudici a decidere poi», il pensiero di Agnelli.
Per l’ex presidente della Juve, «era ovvio che un paio di squadre sarebbero uscite e ci sarebbe stato un effetto domino. Certe minacce della UEFA sono state dure da ignorare. Se mi sono sentito derubato? No. Non personalmente, si tratta di affari. Non ci siamo uniti al progetto per coinvolgimento emotivo ma perché pensiamo si possa migliorare il sistema».
Chiusura dedicata al rapporto con Ceferin, con il quale «sono andato, vado e andrò sempre d’accordo. Il tempo è sempre galantuomo. Posso capire la delusione di una persona dal punto di vista personale, ma non da quello istituzionale o aziendale. Noi Agnelli diciamo “una cosa fatta bene può essere fatta meglio”. Ci servono dei visionari ai vertici per comprendere la situazione in cui è il calcio prima che sia troppo tardi».
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