A questo punto non ci sono dubbi: la Fiorentina gioca solo se ha voglia. Andiamo oltre: gioca soli contro grandi avversari. Il Bologna in casa? Cosa vuoi che sia di fronte alla platea dell’Olimpico piuttosto che un quarto di finale di Coppa Italia. E questo per prendere gli ultimi esempi. Se invece ripercorriamo l’intera stagione troviamo due grandi prestazioni col Twente (passaggio del turno in Conference), un pareggio casalingo col Napoli (grande marcatura di Dodo’ sul fenomeno Kvaraktschelia), un altro con la Juventus (ricordiamo il palo di Jovic su rigore), una sconfitta con l’Inter (gol decisivo nel recupero dopo aver recuperato due volte il risultato). Poi l’1-2 contro il Milan campione d’Italia (grazie Sozza), ed i già citati 1-1 a Roma contro la Lazio ed il 2-1 col Torino in Coppa Italia. Otto partite disputate al massimo tra grandi palcoscenici ed avversari importanti. Affrontati e battuti alla caccia di un traguardo importante. All’appello manca solo lo 0-2 esterno contro la Roma, ma giocate voi in dieci per 70′, reggendo comunque il confronto contro un avversario attualmente terzo in classifica. Insomma, questa squadra sembra selezionare gli impegni: quelli nei quali impegnarsi alla morte (o come disse Prade’, giocarsi la partita della vita), e quelli nei quali corricchiare, giochicchiare, vivacchiare. Perdere tutti i duelli sulle seconde palle, mostrarsi distratti e poco reattivi. In attacco ed in difesa. Proprio quello che è successo col Bologna, ma che era successo col Torino in campionato, ad Empoli, ad Udine, contro Riga e Basaksehir… e potremmo andare avanti all’infinito. Partite dove presunti campioncini come Jovic, Gonzalez, Dodo’, Amrabat (per citare I primi che ci vengono in mente) non trovano di meglio che timbrare il cartellino senza sporcarsi la maglietta. Comunque, tifosi viola, state tranquilli: tra sei giorni c’è la Juve a Torino e tra 11 il Braga in Conference League, se tanto mi dà tanto rivedremo una grande Fiorentina per poi (chissà) ricadere la domenica dopo in casa contro un normalissimo Empoli.
Dopo tutto questo non possiamo certo chiamare fuori Vincenzo Italiano. Lo sappiamo, il tecnico siciliano si trova per la prima volta in carriera ad affrontare il doppio impegno settimanale: questione di esperienza, carisma, personalità, tutte cose che il tecnico siciliano non può ancora avere. Però il coraggio, almeno quello lo pretendiamo: per esempio, dov’è finito Bianco? Perché non provare i vari Favasuli, Di Stefano, Amatucci, recenti protagonisti di una vittoria in Supercoppa e di un sonante 5-1 esterno contro la Juventus? Perché non sfruttare certe partite, senza grandi pretese di classifica, per lanciare giovani bravi, di prospettiva, che hanno “fame” e sete di mettersi in mostra? Fame che, guarda caso, hanno sfoggiato i giovani del Bologna, che dovevano fare a meno di Arnautovic, Medel e Soumaoro. Chiediamo, qualcuno se n’è accorto?
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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