Metti una partita in notturna, davanti a 40.000 spettatori, contro il Milan campione d’Italia. Metti un centravanti, proveniente dal Real Madrid, che perde il posto a favore di un altro proveniente dal Basilea. E per di più, in tribuna, ha i genitori che lo guardano. Metti un terzino brasiliano, valutato 30 milioni dal Bayern Monaco, che arriva a Firenze per 13… e delude. Metti un centrale difensivo, il vecchio stopper, che dopo aver sognato di andare alla Juventus perde la bussola e pure il posto da titolare. Metti un centrocampista, ex promessa del calcio italiano, proveniente dal Torino e dalla Juventus. Metti un altro centrocampista il cui unico difetto è la carta d’identità, metti un esterno di colore, amico d’infanzia di Mbappe, metti un argentino quasi campione del mondo che non sbaglia un rigore e che ha imparato cosa vuol dire dedizione e spirito di sacrificio. Metti, infine, un allenatore che per tutti è un predestinato, ma che per tanti è sopravvalutato. Metti insieme tutte queste cose, frullale bene, e vedrai che viene fuori la miglior Fiorentina della stagione: attenta, concentrata, motivata. Capace di battere (surclassare?) il Milan secondo in classifica, dato da tutti favorito ed in forte ripresa. La Fiorentina di Italiano non è da scudetto (ci mancherebbe), non è da Champions (ci rimancherebbe), è però probabilmente da Europa League. Di certo può vincere coppa Italia e Conference League. Comodo? Solo e soltanto se ha voglia di giocare, solo se (appunto) è motivata. Dopo Verona e Milan manca il terzo indizio per fare la prova, il Sivasspor, poi potremmo dire di aver trovato la vera Fiorentina.
Ultima annotazione sulla prova di Jovic. Pochi minuti ma significativi. Entra e pronti via impegna Maignan di testa, poi insegue e lotta su un pallone impossibile da raggiungere sull’out sinistro, infine vola sul cross di Dodo’ è realizza di testa uno dei più bei gol del campionato. Un vecchio adagio dice che l’abbondanza non è un problema per nessun allenatore… bene: noi non ne siamo tanto sicuri, ad Italiano (e alle prossime partite) l’ardua sentenza.
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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