José Mourinho è un allenatore noto al mondo del calcio per aver dato la possibilità a squadre considerabili outsider, come Inter e Porto, di alzare la “Coppa dalle grandi orecchie”, per essersi seduto da leader sulla panchina del Bernabeu, per essere stato il primo ad aver vinto tutte le competizioni europee e per la sua incredibile capacità di formare ovunque gruppi uniti e coesi.
Si potrebbe dire che il punto di forza del boss portoghese sia quello di dare un’anima al gruppo, per poi portarlo alla vittoria finale, così come è successo nella sua esperienza a Roma.
Questa stagione, però, il tecnico di Setúbal sembra avere difficoltà a far emergere la sua qualità migliore. Dopo la vittoria della Conference, evento che avrebbe potuto finalmente proiettare la squadra capitolina nella cerchia dei vincenti, però, qualcosa non è andato per il verso giusto.
In casa giallorossa, infatti, da inizio stagione la situazione è spesso degenerata. La situazione di Karsdorp prima e l’addio traumatico di Zaniolo poi ne sono un esempio lampante. C’è anche da considerare che le uniche espulsioni della Roma sono avvenute entrambe per condotta violenta (Zaniolo vs Betis e Kumbulla vs Sassuolo).
Interessante è anche il seguente dato: José Mourinho è stato espulso in questa stagione ben 3 volte, più di qualsiasi altro giocatore o allenatore in Serie A. In aggiunta, Salvatore Foti, tecnico in seconda, ha rimediato una squalifica di un mese “per aver espresso frasi minacciose a un dirigente della squadra avversaria e all’arbitro e per alcune espressioni blasfeme al momento dell’uscita dal campo”.
Il portoghese è sempre stato un grande stratega, dalle sue interviste fino al suo comportamento in panchina, ma queste domande potrebbero risultare lecite: è tutto preparato e questi gesti servono proprio per dimostrare alla sua squadra il senso di appartenenza?
Oppure potrebbe essere proprio questo il fattore che manca alla squadra giallorossa per diventare grande?
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