Con lo Spezia un punto guadagnato. Manca la giocata, manca Nico Gonzalez

Diciamocelo chiaramente: quando abbiamo visto Shomorudov solo davanti a Terracciano tentare un improbabile “scavetto”, col pallone (poi) al sicuro nelle mani del portiere viola ci siamo detti: ok, va bene anche il pareggio. Lascia stare che Brekalo ha preso il palo, lascia stare che Jovic (con un altro scavetto) si sia divorato un gol già fatto, lascia stare che la Fiorentina ha pressato e dominato per tutto il secondo tempo… la sensazione, ogni volta che lo Spezia ripartiva, era di pericolo, di un gol del 2-1 che avrebbe chiuso la partita. E quel N’Zola che non perdeva un duello? Che lottava ad armi pari (spesso vincendoli quei duelli) con un gigante come Igor? E poi prima o poi doveva succedere: dopo nove vittorie consecutive, tra coppe e campionato, doveva arrivare l’incidente domestico, doveva arrivare il centravanti di turno che spezzasse l’incantesimo e riportasse tutti con i piedi per terra. E comunque la squadra di Italiano resta nona, a due punti da quell’ottavo posto che, viste le difficoltà giudiziarie di Juventus, Roma, Lazio ed Atalanta, potrebbe valere tanto. Più di quello che potremmo immaginare.

Tutto bene quindi? Nessun errore, nessuna mancanza? No, non è proprio così. La prova odierna contro lo Spezia è il classico esempio di gara brutta, sporca e cattiva, il classico caso della partita bloccata che solo una giocata avrebbe potuto risolvere. Andava bene anche un tito da fuori, qualcosa che uscisse dagli schemi e sorprendesse la linea maginot avversaria. E la giocata, ahimè, non è arrivata, il tiro da fuori non è arrivato, la linea maginot spezzina, composta da onesti comprimari e nulla più, ha resistito. Senza neppure soffrire più di tanto. Domanda: chi, tra i calciatori viola, poteva avere queste caratteristiche? Chi avrebbe nei piedi (segnatamente il mancino) il dribbling, l’affondo, il tiro da fuori? Chi, in termini assoluti, ha la fantasia per decidere un certo tipo di partite? La risposta è facile, oltreché scontata: Nicola Ivan Gonzalez, in arte “Nico”. Calciatore più pagato nella storia viola (27 milioni bonus compresi), campione del mondo 2022 o quasi (se ne torna a casa poche ore prima dell’inizio del mondiale qatariota), cecchino infallibile sui calci di rigore oltre che favoloso procacciatori di ammonizioni avversarie. E allora, pur con tutti questi plus a favore, perché l’argentino naviga sempre tra il 5,5 ed il 6? Perché gioca, si da da fare (questo nessuno glielo disconosce), cerca la famosa giocata, e non la trova? Perché non ci riesce? Perché non è quel valore aggiunto per il quale è stato comprato e strapagato? Ah saperlo, saperlo. Eppure il ragazzo è al suo secondo anno a Firenze, è benvoluto da pubblico e compagni, l’infortunio, la delusione mondiale sono ormai pallidi ricordi. Fatto sta che sia quando parte titolare sia quando entra a gara in corso, Nico Gonzalez non incide. Nico Gonzalez non decide. Nico Gonzalez non indirizza le partite (quelle brutte, sporche e cattive di cui sopra) come dovrebbe e come saprebbe. Ci attende un aprile e maggio a dir poco complicati, nei quali la stagione della Fiorentina può diventare vincente o fallimentare. C’è bisogno di tutti, quelli bravi e quelli meno. E Nico Gonzalez non può restarne fuori.

Editoriale a cura di Stefano Borgi

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