Francesco, il tifoso dell’Inter che va in trasferta con la bici, oggi a Lisbona: “Sogno la finale di Istanbul”

Scrive Gazzetta.it, pedalando, pedalando, vuole arrivare fino a Istanbul il 10 giugno. Intanto lo vedi sfrecciare lungo i saliscendi assolati di Lisbona, bardato di prima mattina come se stesse partendo per una tappa del Giro: “Sto solo cercando un negozio dove comprare uno scatolone per rispedire la mia bici a Milano: fare anche il ritorno come l’andata sarebbe troppo…”, scherza Francesco Tosato, 32enne nerazzurro di Mantova, il tifoso-ciclista più pazzo che c’è. Il suo sorriso incastonato in una lunga barba è la ricetta migliore contro la fatica. A inizio stagione si è messo in testa di fare tutte le trasferte della sua squadra in sella, un po’ per amore della bici e un po’ per amore dell’Inter, e così è andata: da Lecce a Lisbona, sempre sui pedali partendo da casa, a volte con l’aiuto di aerei e treni per alcuni tratti. Ha una volontà di ferro e una buona dose di follia, ma è pur sempre umano.

“Per gli ottavi a Oporto sono andato direttamente da Milano, ho fatto tutto l’intero viaggio in bici: durata quindici giorni. Qui ho dovuto ‘incastrare’ il passaggio a Salerno per il campionato e non c’era materialmente il tempo. Per la partita di venerdì scorso il viaggio è stato di tre giorni e mezzo, con partenza a mezzanotte. È venuta la mia compagna, ne abbiamo pure approfittato per visitare Pompei! Poi sono risalito da solo fino a Roma, ho preso un volo sempre assieme alla bici per Madrid, e da lì ho pedalato Pasqua e Pasquetta. Sono arrivato ieri sera: che liberazione quando mi sono fermato davanti alla statua di Eusebio al Da Luz. In alcuni tratti prima il vento e il caldo erano insopportabili, ci sono pezzi di Spagna in cui c’è solo deserto ed è faticoso con il vento contro…”.

Appunto, ma chi glielo fa fare? 

“Non è una scommessa con me stesso, è semplicemente un piacere e un divertimento. Da qualche anno ho scoperto quanto sia bello pedalare per lunghi tratti, lo faccio anche quando devo andare al mare in vacanza ormai. Mi diverto così, anche se sto spendendo una fortuna quest’anno… Devo, però, ringraziare la mia compagna che è tollerante, mi spinge, a volte mi accompagna in bici. E, soprattutto, sa quanto tenga alla mia squadra. Gestiamo insieme una gioielleria a Mantova e possiamo trovare un modo per lavorare: quando sono in bici, rispondo ai clienti con gli auricolari. Mi rendo utile un minimo anche a distanza…”. 

Cosa ha imparato girando l’Italia e l’Europa al seguito dell’Inter? 

“Che ci sono persone meravigliose, che la solidarietà esiste. In Repubblica Ceca ero nel nulla, veramente disperato. Un signore da una casetta mi ha visto e mi ha dato acqua e pane. Spesso incontri altri ciclisti a cui racconti la tua storia e finisci per essere adottato da loro: ti fanno stare alla loro ruota per un po’, poi ti invitano a casa per rifocillarti”.

L’hanno adottata anche i tifosi interisti che la applaudono, nella realtà e sui social, quando arriva nello stadio di una partita? 

“Ho conosciuto tanti ragazzi della curva: mi scrivono e mi danno forza. Ovviamente ci sono anche gli hatersper cui è tutto finto. A loro rispondo: ‘Sali su una bici e vieni con me se te la senti’… Per fortuna in tanti mi difendono e devo fare il nome di un tifo speciale su tutti: si chiama Biagio Privitera, ha un cuore d’oro ed è molto attivo sui social. Anche lui va in trasferta ovunque anche se in aereo…”. 

In campo la squadra di Inzaghi, però, dovrebbe pedalare di più…

“Sono tutti un po’ giù fisicamente, ma io non giudico: non è il mio lavoro, mi limito a tifare. Ad esempio, ieri appena arrivato, sono passato dall’hotel in cui alloggia l’Inter e sono riuscito a fare una foto con Barella, il mio idolo. Non gli ho raccontato quello che faccio, mi sono accontentato di dirgli in bocca al lupo per questi quarti di finale”.

Ecco, in questi quarti chi taglia il traguardo, l’Inter o il Benfica? 

“Spero noi, il sogno rimane Istanbul con viaggio diretto da Milano! A Lisbona però sarà un inferno, lo so, ma io sono comunque fiducioso. Se i nostri giocatori sapessero quanto è dura stare 20 ore sui pedali, Joao Mario farebbe meno paura”.

Lisa Grelloni

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