Ameno che la crisi perenne di risultati in campionato non trascini l’umore nero pure in Champions League, c’è da scommettere che l’Inter contro il Benfica mostri un’altra veste rispetto a quella vista contro il Monza, il vestito europeo si addice meglio ai nerazzurri che nelle serate da grande palcoscenico trovano modo di auto-motivarsi, visto che il “banale” campionato sembra non stuzzicare gran parte della rosa. Sarà più questa variabile piuttosto che il rischio di giocarsi panchina (Simone Inzaghi) e futuro (molti calciatori, non solamente quelli in scadenza) a tenere la barra dritta mercoledì a San Siro, poi a seconda del risultato – è pur sempre un quarto di finale, pensare di essere già allo step successivo sarebbe folle – non si vedono alternative: con la semifinale nulla cambierà, con l’eliminazione la possibilità di vedere un altro allenatore alla ricerca del quarto posto e della finale di Coppa Italia sarebbe altissima.
In un momento così delicato e nero dal punto di vista dell’umore, è quantomeno paradossale considerare l’idea di destinare un premio economico alla squadra in caso di qualificazione alla prossima Champions. Ne parliamo vista la notizia riportata dalla Gazzetta dello Sport, che il club ha prontamente smentito. D’altronde l’Inter ha il secondo monte stipendi del campionato dopo la Juventus, il terzo allenatore più pagato della Serie A, è reduce da un primo e due secondi posti e a livello di rosa quantomeno è al livello delle altre contendenti: davvero servono soldi per motivare i giocatori? Sarebbe stata una sconfitta a ogni livello.
Alla squadra va dato atto che il palcoscenico Champions sia così affascinante e per certi versi inaspettato da dover per forza distrarre: il sogno europeo di arrivare a un solo step dalla finale inconsciamente può togliere forze psico-fisiche, d’altro canto la società da tempo – una volta preso atto della sgommata del Napoli – ha posto come unico paletto in campionato il quarto posto, senza velleità di stare agganciati al treno azzurro ormai lanciato a folle velocità. Se ogni volta la storia si ripete, tra gol sbagliati o mancanza di concentrazione per novanta minuti, non si può troppo gridare alla sfortuna o alla bravura dei portieri avversari: restano otto partite da giocare (non facilissime, tra l’altro: in mezzo ci sono Roma, Lazio, Atalanta e Napoli…) e due/tre punti da recuperare (in caso di arrivo a pari punti contano punti negli scontri diretti, poi gol negli scontri diretti e al momento c’è parità col Milan, poi differenza reti generale e ora i nerazzurri sono a +14 contro il +12 dei cugini), non è ancora scritta la parola fine su ogni fronte. Ma se continuerà a mancare l’anima, guardare il calendario o fare calcoli sarà solamente un giochetto a tenere viva la fiammella fino a quando non ci sarà più nemmeno la matematica a salvare la faccia.
Fonte: SportMediaset
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