Ai punti avrebbe vinto la Fiorentina. Frase fatta, valida per la boxe, ma non per il calcio. Dove se non fai gol non vinci. E se pareggi già ti è andata bene. Spezia ed Atalanta, due 1-1 casalinghi, 4 punti persi nella rincorsa all’Europa. Eh già perché, casomai non ve ne foste accorti, con quei quattro punti i viola sarebbero da soli al settimo posto. E con i due punti contro l’Atalanta, sarebbero lo stesso settimi in compagnia di Juventus e Bologna. Insomma… tanta roba, se solo pensiamo a dove era la Fiorentina dopo la sosta mondiale. Ma tant’è, non sempre le ciambelle riescono col buco, cosicché la Fiorentina (pur giocando meglio di Spezia ed Atalanta, meritando addirittura di vincere) è sempre nona, a due punti dal settimo posto ed a sette dal sesto, occupato proprio dai bergamaschi.
Fin qui le notizie negative. Andando su quelle positive, registriamo un Dodo’ straripante ed un Martinez Quarta quasi perfetto. Due titolari che sembrano totalmente altra cosa da quelli che abbiamo conosciuto ad inizio stagione. Detto di un Mandragora mai sopra le righe (ma nemmeno sotto) e di un Barak ancora troppo timido per i nostri gusti, celebriamo un Cabral di nuovo a segno (su rigore, per gentile concessione di Nico Gonzalez), comunque lottatore indomito e glaciale dagli undici metri.
Ed arriviamo ai rimpianti ed alle delusioni. In primis Jonathan Ikonè. Grandi mezzi, grandi margini di miglioramento, nessun progresso, nessun segno di titolarità. Nonostante Italiano continui a schierarlo dall’inizio. Tra le delusioni ci mettiamo anche Gaetano Castrovilli. Il ragazzo come mezzala, è stato scavalcato da Bonaventura e Barak, ed allora Vincenzo Italiano lo ricicla come “todocampista”. Una sorta di Luis Alberto “de noantri”. Ruolo difficile, di personalità, che necessita di coraggio e sfrontatezza. Proprio ciò che manca a Gaetano. Ed allora ci chiediamo: può Castrovilli essere il perno del futuro centrocampo viola? Può Castrovilli essere qual calciatore totale, capace (allo stesso tempo) di catalizzare su di sé la fase difensiva ed offensiva della squadra? Ai posteri, l’ardua sentenza.
Ultimo rimpianto: Nico Gonzalez. Niente da dire, anche stasera l’argentino si è dannato l’anima, ha giocato sulla sx, al centro, sulla dx, non si è risparmiato. Addirittura al 92′ ha fatto un recupero difensivo da applausi. Però, c’è un però: noi non vogliamo un Nico Gonzalez “generoso” (ricordate Graziani? Quell’appellativo, per lui, fu una condanna), bensì un Nico Gonzalez decisivo. Addirittura vincente. Questo si aspetta da lui Italiano, questo si aspetta Scaloni (allenatore dell”Albiceleste), questo si aspetta il mondo del calcio, che in lui ha individuato l’erede di Di Maria.
E a proposito di calciatori di carattere, di personalità, di elementi indispensabili: spendiamo volentieri una parola (anche due) per Jack Bonaventura. Ahimè, la carta d’identità recita trent’anni e passa, ma la presenza in campo ci dice che la Fiorentina di Italiano non può fare a meno di lui. In attacco, in difesa, a centrocampo, Jack c’è sempre, e c’è sempre per tutti. Andiamo a sensazione: con Bonaventura in campo vediamo anche gli altri calciatori più sereni, piu’ tranquilli. “Tanto c’è Jack”, sembrano dire, “ora ci pensa lui”. Ed attenzione, Jack Bonaventura non è Pelé, non è Beckembauer, non è Crujiff, non è Platini. In sintesi, non è un fuoriclasse. Jack Bonaventura è semplicemente un ottimo centrocampista che ha capito il calcio. Ed ha capito dove va a finire sempre il pallone. E questo, credeteci, fa tutta la differenza del mondo.
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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