Scrive Gazzetta, c’è una sola immagine che tormenta da 20 anni il povero Mohamed Kallon e non è difficile da immaginare: “Io a tu per tu con Abbiati alla fine della semifinale col Milan del 2003: se segno siamo in finale, ma la palla esce di poco e la delusione è tremenda…”, ricorda per l’ennesima volta l’ex punta dell’Inter, oggi 43enne, al telefono dal Texas.
“Tante, tantissime, capita sempre che da qualche parte spunti quell’immagine. La foto dell’episodio è anche nello studio del mio vecchio agente Claudio Vigorelli, che era pure il procuratore di Abbiati… Mi ricordo, però, anche altro di quella sera: ero in lacrime nello spogliatoio, tutti mi hanno consolato anche se erano distrutti come me. Ricordo soprattutto Marco Materazzi: è stata la colonna in cui mi sono appoggiato in tutti quegli anni all’Inter”.
È stata quella la delusione più grande della sua carriera?
“Ne metto insieme tre e, ovviamente, parto da quella semifinale: per ciò che rappresentava e per il gol sbagliato all’ultimo minuto, è un enorme rimpianto. Ma aggiungo anche il 5 maggio dell’anno prima, lo scudetto perso all’Olimpico. Sono le due partite che sogno di rigiocare con la maglia dell’Inter. E poi ce n’è un’altra che riguarda la mia nazionale, la Sierra Leone: ci bastava un pareggio per qualificarci alla Coppa d’Africa 2004 in Tunisia, ma perdemmo con il Gabon. Evidentemente, non doveva accadere… Ringrazio comunque Dio della carriera che ho fatto”.
Almeno la sua Inter ha ora l’occasione di “vendicarla” 20 anni dopo?
“L’ho scritto anche sui social prima dell’andata, questa è la ‘partita della storia’, del destino. L’Inter torna a giocarla dopo il 2003 ed ha una occasione grandissima di superare il rimpianto e di andare in una finale che sarebbe meritata”.
Quali rischi ci sono dopo l’andata?
“La squadra di Inzaghi mi è piaciuta, col 2-0 ha dimostrato di essere forte e compatta, con grandi attaccanti. Però non bisogna mai sentirsi sicuri, neanche dopo una vittoria di questo tipo: forse bisognava fare un altro gol per stare tranquilli, ma sono ottimista. Bisogna ripetere la stessa partita di una settimana fa. Ed eliminando il Milan in una semifinale forse cancelleremo tutti il ricordo del 2003…”.
Ma l’eventuale finale, poi, con colossi come City o Real è “giocabile”?
“Certo, nessuno parte sconfitto in partenza, soprattutto questa Inter così forte non deve avere paura. Sarà una finale spettacolare, ma già la semifinale è una grande emozione: sento a distanza che da giorni a Milano c’è una grande atmosfera…”.
Al di là delle delusioni, se ripensa ai suoi anni all’Inter cosa le viene in mente?
“Non pensavo di giocare così tante partite assieme al mio amico Ventola, avendo davanti due giganti come Ronaldo il Fenomeno e Vieri… Sono orgoglioso di tutto questo: ho girato l’Italia in prestito, Reggina, Vicenza, Genoa, Bologna e Cagliari, poi sono tornato all’Inter al momento giusto ed è stato un grande onore per me. Il nerazzurro resta l’occasione della mia vita, un’opportunità che ho cercato di sfruttare al massimo”.
Sa che non si è quasi più rivisto un attaccante con la maglia numero 3 poi diventata persino la 2?
“Ma non potevo scegliere il numero che volevo con tutti quei fenomeni che avevo in squadra. Quando ho indossato il 3 è stato anche per la mia passione per il basket, in particolar modo per il grande Allen Iverson che aveva quel numero”.
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