Scrive il Corriere dello Sport, ci vorrà un’intelligenza artificiale per riuscire a costruirsi un erede di Spalletti; oppure ci vorrà semplicemente un fisico e anche un cervello bestiale; servirà avere carattere, perché va così dopo uno scudetto, e pure un senso d’ironia che aiuti a resistere alle occhiatacce che puntuali, ai primi scorsi d’acqua, ricorderanno la capacità di nuotare con grandi bracciate del predecessore. AAA cercasi allenatore ma forse no, sarà un uomo bionico o un marziano o comunque un extraterrestre, perché l’eredità che Luciano Spalletti finirà per adagiare sulle spalle del proprio successore finirà per diventare una zavorra. Non si sostituisce così, dalla sera alla mattina, il terzo allenatore vincente della Storia del Napoli, perché non basterà starsene ingolfati nel gioco delle diagonali, del tridente, della difesa a quattro o a tre, ma sarà indispensabile, per dare ancora un senso e un’autorevolezza a un progetto, affidarsi ad una specie di super-eroe o magari a un tecnico che contenga in sé effetti speciali.
Per orientarsi, si può ondeggiare nei pensieri raccolti che in passato Aurelio De Laurentiis ha tenuto per sé, in quel tour silenzioso affrontato spegnendo le luci e sfilando via nelle ombre più cupe delle panchine. Per carisma, per appeal, per natura, Antonio Conte gli è sempre piaciuto, ha rappresentato un’epoca della Juventus, ha espresso una sua personalità dominante, ha le caratteristiche d’un vincente, ha padronanza delle situazioni, ha la tentazione di andare a sfidare gli spigoli, ha quel che serve per dimostrare che niente deve cambiare, non ora che il Napoli andrà in giro con lo scudetto ad abbellirlo. Ha anche un profilo economico di rilievo, si sa, ma questi sono i ragionamenti successivi, rientrano nelle dinamiche colloquiali che un manager, capitano d’industria con fatturato rilevante, sa affrontare.
Conviene starsene in rigoroso ordine alfabetico, senza concedere preferenze, senza neppure dimenticarsi che potrebbe esserci altro, un Mister X, senza dimenticare che De Laurentiis ama consultare ma spaziando nell’universo calcio. Però la conoscenza diretta è un indizio. Roberto De Zerbi è stato un calciatore del Napoli per due anni, ha vissuto la gioia della promozione in serie A, ha avuto modo di conoscere l’ambiente con quel carico di stress che prima poteva condividere con la squadra e che invece stavolta apparterrebbe esclusivamente a lui: a Brighton sta da re, schiodarlo non è semplice, forse persino impossibile, ma Adl ha il numero nell’agenda dell’iPhone e questo può essere sufficiente. Però, conviene ricordarsene, tra le sue passioni c’è stato anche Gian Piero Gasperini, al quale fece un contratto (nel 2011) che rimase nel cassetto per il dietrofront di Mazzarri. La chiacchierata a Torino, casa del Gasp, in quel maggio rovente come questo, appassionò Aurelio De Laurentiis, gli aprì un mondo sulla difesa a tre e finì per abbattere i pregiudizi di quel tempo su un sistema che gli piaceva poco, quasi niente. Il resto è venuto dopo con l’Atalanta, il suo calcio abbagliante, quella faccia tosta esposta in qualsiasi condizione e in ogni stadio d’Italia e d’Europa, la capacità di prendersi i giovani e modellarli a propria immagine e somiglianza. Giovane è anche Vincenzo Italiano, 45 anni e i complimenti di DeLa anche nella domenica della festa scudetto. Ma saranno giornate lunghe, adesso, che andranno gonfiate di valutazioni ampie, imponenti: De Laurentiis cerca un allenatore ma anche una specie di Mangiafuoco. Le favole han bisogno di personaggi.
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