È il giorno della gioia, della rivincita, dell’orgoglio, dell’appartenenza. È il giorno della Fiorentina in finale di Conference League, unica squadra italiana a disputare una finale in tutte le competizioni europee. È il giorno di una delle partite e delle imprese più belle della storia viola. Quindi nessuna critica, nessun appunto, nessuna contestazione. Non diremo che Italiano ha sbagliato il modulo di partenza (il solito, sterile 4-3-3, con Amrabat lasciato solo a centrocampo in balia della sua povertà tecnica), non diremo che Italiano ha tardato a sostituire Igor già ammonito, non diremo che Italiano ha sprecato un cambio mettendo (inutilmente) Ikonè sulla sx. Non diremo, poi, che Cabral non l’ha strusciata mai, che Igor si è fatto “bere” da Andouni in modo amatoriale, che Jovic ha sbagliato tre gol già fatti, che Ikonè già è fumoso sulla dx e forse lo è ancora di piu sulla sx. Diremo invece che lo stesso Italiano ha azzeccato l’ingresso di Barak, che Nico è stato finalmente decisivo, che Bonaventura è il vero leader tecnico (e non solo) di questa Fiorentina, che Milenkovic è stato un muro di piede e di testa, che la squadra ha lottato dall’inizio alla fine. Senza esclusione di colpi. Che era, infine, dal 1961 che i viola non disputavano due finali in una stagione, tra l’altro vinte, ed è un auspicio per il presente. Insomma, tutto bene, tutto bello, adesso ci aspettano gli inglesi dello West Ham. E a questo proposito ricordiamo che la Fiorentina, nel ’75, ha già vinto una coppa europea (la coppa di Lega italo-inglese) battendo proprio i londinesi dello West Ham. Non si doveva dire? Tranquilli, questa Fiorentina è più forte anche della scaramanzia. Tutti a Praga.
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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