Non si può perdere così. Non in una finale europea, non al 90′, dopo aver condotto la partita. Soprattutto non si può perdere prendendo gol nel solito, fastidioso, stucchevole, stupido modo: imbucata centrale, difesa alta (troppo alta), uomo solo davanti al portiere. E portiere che, a parte Enschede contro il Twente, come al solito non compie il miracolo. Come contro l’Inter, così contro lo West Ham. Due finali, due sconfitte, sempre con un superiore possesso palla, sempre sbagliando un particolare. Se ci pensate, anche in occasione del rigore la difesa si è fatta sorprendere, da un fallo laterale. E allora di chi è la colpa? Delle punte che non pressano? Dei centrocampisti che non filtrano? Dei difensori che si distraggono? Oppure dell’allenatore che rischia, rischia, rischia, fino ad essere punito? Difficile dirlo, forse una somma di tutte queste cose. Certo anche Italiano deve farsi un esame di coscienza, perché esistono momenti e momenti, partite e partite, ed una finale val bene qualche correzione tattica. Anche in corsa. Soprattutto se sei al 90′, soprattutto se poi ci sono supplementari e rigori. Noi speriamo che Italiano resti, per continuare (concludere) un ciclo e perché Vincenzo ci ha fatto vedere un bel calcio (che, non vincendo mai niente, è un dato da non sottovalutare). Ma in caso contrario non ci dispereremmo più di tanto. Se le vie di mezzo valgono nella vita, a maggior ragione valgono tra gli allenatori.
A questo punto si aprano le gabbie: con un ottavo posto in campionato e due finali perse, come giudicare la stagione della Fiorentina? Noi facciamo una premessa: una stagione è positiva se hai migliorato la precedente. Questo è il discrimine. Che nell’eventualità sopraindicata non si verificherebbe, visto che con l’ottavo posto non si torna in Europa. In questo caso facciamo un’eccezione, soprattutto se quell’ottavo posto si trasformasse in un settimo per la squalifica europea della Juventus. Avremmo ancora una qualificazione alla Conference League, la possibilità di giocarsi la supercoppa italiana nel quadrangolare di Ryad, ed il bagaglio di esperienza lasciato da due finali perse e 60 partite totali giocate. A prima vista tanta roba. L’importante è che qualcuno, di questo bagaglio, faccia tesoro ed apporti le dovute correzioni.
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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