Vincenzo Italiano ha dato un’identità alla Fiorentina. Su questo non c’è dubbio. Squadra compatta, propositiva, portata al pressing, votata al sacrificio. Votata all’attacco… anche. A volte scriteriato, altre foriero di spettacolo e divertimento. Di contro segnano tutti tranne che i centravanti, ed ultimamente ci vogliono almeno tre gol per vincere le partite. Quella stessa identità che, come disse lo stesso Italiano, doveva portare a difendere bene ed attaccare benissimo. Obiettivo raggiunto a metà, visto che gli avversari si avvicinano al 100% tra occasioni create e gol realizzati. A casa nostra si chiama coperta corta: da una parte la tiri e dall’altra ti manca, la sublimazione della squadra intrigante ma imperfetta. Imperfetta anche nella personalità: vi siete accorti che ai viola serve sempre un episodio per reagire? Nel bene e nel male. Contro l’Atalanta una mezz’ora di nulla, poi la miccia del gol di Bonaventura (un episodio, appunto) e risultato ribaltato. Poi nella ripresa ancora in difficoltà, fino all’ingresso di Arthur che trasforma la squadra. Mai una linea continua, mai un una condotta equilibrata, dal primo al 90′. A Genk si replica: tutto bene fino al 2-2 dei belgi (il famoso episodio di cui sopra), dopo di che la Fiorentina sparisce dal campo, tanto da rischiare la clamorosa sconfitta. Possibile che non ci sia qualcuno che tira le fila? Che nei momenti di difficoltà catechizzi la truppa, richiami tutti all’ordine? Il Dunga di ieri, il Bonaventura (forse) di oggi, il famoso allenatore in campo. In attesa di quello in panchina..
Quest’anno la società di viale Fanti aveva una grande occasione per fabbricare una coperta che coprisse tutta la tavola: comprare un buon portiere, un grande difensore centrale, due ottimi centrocampisti ed un centravanti che (finalmente) facesse dimenticare Vlahovic. Su quest’ultimo sospendiamo il giudizio anche se, dopo un mese e sette partite ufficiali, dalla coppia N’Zola-Beltran ci saremmo aspettati molto di più (leggi qualche gol). A centrocampo si è scelta la strada della qualità, ben diversa dalla fisicità di Amrabat. Vedremo se pagherà. In porta, ahimè, il problema è stato solo rimandato, in attesa della maturazione del duo Martinelli Vannucchi, sul cui altare è stato comprato (e pagato) un normalissimo Christensen. Si poteva e si doveva far di meglio.
Chiudiamo col difensore centrale: Sutalo, Murillo, Senesi, Roualt, tutti obiettivi sfumati per paura, per mancata voglia d’investire. Il Quarta dell’Atalanta ci rincuora, il Ranieri visto stasera (e non solo) ci esalta. Ci fa dire che l’applicazione, l’umiltà, il sacrificio pagano ancora, che la meritocrazia esiste, ci fa dire che questo calciatore (ricordiamolo, ex pianticella viola, un anno fa praticamente fuori rosa) merita la Nazionale. Non tanto per la doppietta di Genk (che comunque non guasta) quanto per la lucidità in marcatura, sull’anticipo, nell’applicazione del fuorigioco. Maledetti crampi sennò chissà come sarebbe finita a Praga. Luca Ranieri è attualmente (per distacco) il miglior difensore viola ed uno dei migliori del campionato. Spalletti, se ci sei batti un colpo.
Editoriale a cura di Stefano Borgi
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