Scrive TMW, in un’intervista a La Gazzetta dello Sport, Gianfranco Zola ha parlato di Gigi Riva sottolineando quanto sia stato importante per la sua carriera.
Gianfranco Zola: il suo Gigi Riva.
“Deve sapere che mio padre non aveva mai giocato a calcio. E non aveva mai visto una partita. E non gli interessava proprio. Zero. Lontano anni luce da tutto ciò che è poi stata la mia vita da sportivo. Lontanissimo. Fino a quando all’età di trent’anni circa gli capitò di vedere Gigi. Gigiriva, tutto attaccato come Paolorossi. Vide una partita del suo Cagliari. E soprattutto vide giocare lui. E divenne “matto”. Matto di calcio e di quell’omone che faceva gol, che esaltava tutti. Da quel giorno divenne un maniaco del calcio, mi portò agli allenamenti, mi regalava palloni, divenne poi presidente della squadra del paese: ecco, da quel momento in cui lui si è sportivamente innamorato di Gigi, sono diventato un calciatore”.
Boninsegna l’ha definito il “mio Hulk”. Per lei era?
“Per me era Dio, il centro dell’Universo, l’uomo che ha raffigurato e sostenuto un popolo, il nostro popolo. Lui non era un uomo costruito. Era naturale. Lui non è nato in Sardegna ma ha scelto la mia terra. E l’ha coltivata”.
Vi sentivate spesso?
“Avevamo anche mangiato insieme a un ristorante vicino al porto non molto tempo fa. Ci sentivamo sì, piacevolmente anche. Parlavamo anche della nostra gente: pur non essendo nato qui aveva una sensibilità verso questa terra straordinaria, unica. Era vicino alla gente e alla gente ci teneva. I minatori, i venditori di latte: ha spalleggiato le loro battaglie, ha parlato in loro favore sempre senza una frase in più ma con ragionamenti sobri, suoi, quelli senza tanti giri di parole inutili. Era il nostro portavoce”.
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