Si è raccontato senza filtri Claudio Marchisio ai microfoni di Radio Serie A, il principino ha raccontato dettagli e aneddoti della sua vecchia vita da calciatore. Come scrive TMW, il “principino” ha rilasciato una lunga intervista dove ha toccato vari temi, in primis quello del razzismo, dopo il recente riprovevole episodio capitato a Maignan durante Udinese Milan.
Queste le sue parole:” Non devono accadere queste cose, soprattutto a livello giovanile dove avvengono le stesse cose. Il ruolo educativo dei genitori è fondamentale nell’influenzare positivamente i giovani. Dobbiamo essere noi i primi a ragionare in modo diverso e a trasmettere valori importanti alle generazioni future. Le dichiarazioni dell’allenatore dell’Udinese posso immaginarle nel contesto in cui ha vissuto emozioni forti nei 90′.
Non bisogna aspettare l’episodio per cercare di parlarne, bisogna parlarne sempre“.
Marchisio poi ha ripercorso la sua storia e quelli che sono i suoi valori trasmessi dalla sua famiglia e dell’inizio della sua avventura con la maglia della Juventus.
“Ho valori innati che mi sono stati trasmessi dalla mia famiglia; mi caratterizza anche il fatto che sono una persona curiosa e cerco di essere preparato su tutto: ho fame e voglia di sapere, di conoscere e di ascoltare quello che gli altri dicono per poi farmi la mia idea“. Poi i suoi primi calci al pallone fino a diventare il “principino”, soprannome che lo ha accmpagnato in tutta la sua carriera.
“La Juventus è arrivata molto presto, a 7 anni grazie a mio papà che mi fece partire dal settore giovanile del Cambiago. Non era contento degli allenamenti che mi facevano fare allora mi portò alla SIS sport di Torino; nel ’93 dopo due allenamenti mi portarono alla Juventus. C’era anche un osservatore del Torino che all’epoca aveva il settore giovanile più importante d’Italia e mio papà mi diede la possibilità di scelta nonostante mia mamma da sfegatata juventina mi spingeva verso la Juve. Ero in un contesto in cui si parlava tanto del Grande Torino e si sentiva il fascino del momento che si stava vivendo e i derby anche a livello giovanile erano sentitissimi.
A 18-19 anni diventai il “principino” perché al campo ci andavo vestito elegante e Balzaretti mi diede questo soprannome, non me lo sono più tolto. È stata una vita intensa alla Juventus, tanti successi e tante sconfitte“.
L’ex centrocampista della Juventus e della Nazionale si è soffermato su Alex Del Piero, il suo più grande idolo.
“Il mio idolo era Del Piero e io entro alla Juventus l’anno in cui lui arrivò dal Padova. In quel periodo giocavo nel suo stesso ruolo per poi spostarmi dietro. È stata una fortuna poter giocare con lui, averlo come compagno. Il mio primo gol è arrivato su un suo assist e mi ricordo benissimo quella giornata. Stavo facendo riscaldamento con le scarpe con i tacchetti a 13 di gomma e sentii Mister Ranieri negli spogliatoi che si raccomandava di metterci i tacchetti in ferro per non scivolare; io di fretta e furia provai a cambiarmi le scarpe ma feci in tempo cambiarne solo uno su due quindi avevo una scarpa con i 6 tacchetti in ferro e una con i 13 tacchetti in gomma. Sotto il tunnel sentii il ticchettio dei tacchetti sul cemento e mi resi conto che mi ero cambiato solo una scarpa su due, quindi di corsa tornai nello spogliatoio per cambiarmi anche l’altra. È vero, è capitato qualche volta di dormire nel parcheggio del centro sportivo, ma succedeva solo quando le sere prima c’erano le feste universitarie e quindi non avrei fatto a tempo ad andare a casa e a tornare in tempo per l’allenamento; a una di quelle conobbi mia moglie. Del Piero quando mi vide nel parcheggio si complimentò per il fatto che fossi già lì e non gli dissi mia la verità“.
Il ricordo del suo amico e compagno di Nazionale Davide Astori scomparso prematuramente nel 2017 quando vestiva la maglia della Fiorentina:” Eravamo in campo e stavamo finendo alcune esercitazioni dopo l’allenamento, Allegri era già uscito dal campo ma ci ritornò subito per darci questa terribile notizia. All’inizio non riuscivo a crederci e da sportivo non mi capacitavo di questa cosa, fino a capire che per quanto siamo sportivi, siamo in realtà comunque fragili.
Abbiamo fatto un percorso insieme tra le nazionali, in campo insieme da compagni o da avversari. Ha lasciato un vuoto incredibile, lui era Davide prima che Davide Astori, l’uomo prima del calciatore e tutti quelli che l’hanno conosciuto la pensano così. Sono una persona molto sensibile e piango abbastanza spesso, mi fermo e penso al futuro ma rivolgo sempre uno sguardo al passato. La mia paura più grande è di perdere qualcuno a me caro, credo nel destino, nelle persone, nel DNA e in quello che lasciamo ai nostri figli e alle persone che abbiamo vicino”
Il rapporto con Antonio Conte con cui Marchisio condivise la Juve dei 7 scudetti consecutivi, squadra straordinaria di grandi campioni che in Italia non aveva rivali.
Queste le parole dell’ex numero 8 bianconero sul suo ex allenatore e qualche riferimento anche ad Allegri.
“Lui ha una caparbietà pazzesca; sicuramente l’esperienza in Inghilterra l’ha cambiato, ha una capacità di dimostrare che crede in tutto quello che fa. Lo ritengo il miglior allenatore che ho avuto perché mi ha fatto crescere davvero. Anche Allegri mi ha insegnato tanto. Vedeva in me la capacità di potermi muovermi in autonomia senza avere sue indicazioni; secondo lui ero in grado in totale assenza di suo controllo di gestirmi e di impostare il gioco”.
La Juventus e Marchisio hanno dominato in Italia vincendo insieme ben 9 scudetti, la Champions League forse l’unico rimpianto nella carriera del centrocampista, soprattutto per quelle due finali perse, col Barcellona nel 2015 e con il Real Madrid due anni dopo. “Ci siamo andati vicino per due volte, è un rammarico enorme però possiamo dire che abbiamo trovato un Real Madrid e un Barcellona fenomenali; non è un pretesto, ma è stato un dato di fatto. Quando arrivi a quel livello e giochi queste finali, le ferite rimangono, semplicemente impari ad accettarle e a conviverci, ma non ti toglierai mai il pensiero”.
La fine con la Juventus e il nuovo inizio in Russia con lo Zenit, Marchisio ha commentato così:” Si è chiusa con i tempi sbagliati, ma ora mai è il passato. Voglio riconoscere alla Juventus che mi ha dato modo di poter scrivere insieme una parte importante di storia del calcio; io so di aver dato tutto. Lo Zenit è stata una delle prime squadre ad interessarsi a me. Penso sempre che quella Russia a oggi non c’è più. Io lì ho scoperto un paese che mi è piaciuto molto, un po’ come noi piemontesi, chiusi all’inizio ma con la capacità di aprirsi poi.”
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