“Noi siamo la memoria che abbiamo e la responsabilità che ci assumiamo. Senza memoria non esistiamo e senza responsabilità forse non meritiamo di esistere”, queste parole di José Saramago calzano alla perfezione per ricordare, in questo giorno, la Shoah, una delle tragedie più brutali della storia. Oggi vi vogliamo raccontare di Árpád Weisz scomparso ad Auschwitz il 31 gennaio 1944.
Weisz viene ricordato per diversi traguardi raggiunti, ad oggi detiene un record, è stato il tecnico più giovane a vincere lo scudetto in Serie A. Nel 1929-30, a soli 34 anni, vinse con l’Inter il suo primo campionato. Ma non solo, fu proprio lui a far debuttare Giuseppe Meazza a soli 17 anni. Poi al Bologna, due titoli consecutivi per lui, dal 1935 al 1937, prima della tragedia. Nel 1938 lo shock, l’emanazione delle leggi razziali che costrinsero Árpád e tutta la sua famiglia, ungherese ma di origine ebraica alla fuga, prima a Parigi, poi in Olanda. Un ebreo italianizzato, così potremmo definirlo. Anche lì, così lontano dall’Italia e da quella gloria, allenò il Dordrecht, un piccolo club, riuscendo nell’impresa di salvarli dalla retrocessione.
Nell’ottobre del 1942 poi, l’inizio dell’incubo, Weisz insieme a sua moglie Elena ed ai figli Roberto e Clara, vennero deportati, lui per quasi due anni lavorò in un campo di lavoro nell’Alta Slesia e poi, vennero uccisi nelle camere a gas di Auschwitz, sì proprio in quelle in cui perse la vita un milione e mezzo di persone. “Gli volevo davvero bene e il giorno che mi comunicarono la sua morte, provai lo stesso dolore di chi perde un padre”, queste le parole di Peppino Meazza, pupillo di mister Weisz.
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