Nella sua autobiografia Gianluigi Buffon ha raccontato un episodio capitato durante il ritiro in Germania durante il Mondiale 2006. Durante il tempo libero alcuni giocavano alla PlayStation mentre altri come Buffon preferivano giocare a ping-pong e proprio in una di queste partite successe qualcosa di incredibile, che avrebbe anche potuto cambiare le sorti del Mondiale: ” In Germania, durante il ritiro, la sera organizzavamo delle combattutissime sfide a ping-pong. Personalmente non facevo altro, tanto che nel corso delle settimane il mio livello di gioco era schizzato all’insù. Finito l’allenamento toglievo i guanti e prendevo la racchetta in mano. Di certe cose non mi interessa nulla, e allora le faccio senza grande impegno, mentre altre le trasformo in una questione di vita o di morte. Il ping-pong, nel corso del Mondiale, era una di queste. Non ci stavo a perdere, mai, era un’ipotesi che non prendevo neppure in considerazione. Una sera, prima dei quarti di finale contro l’Ucraina, è successo l’irreparabile: sono stato stracciato da Barone… Si è sfiorato il dramma. Mi sono incazzato talmente tanto da non riuscire più a controllare le reazioni. Vicino al tavolo c’era una vetrata, una parete divisoria utile anche per non dover raccogliere le palline in giro per tutto il salone: l’ho colpita con un calcio talmente violento da mandarla in frantumi. Il vetro distrutto, il mio piede in mezzo. Alcuni pezzi si sono conficcati nella scarpa, tanto che per lunghi secondi non ho avuto il coraggio di abbassare lo sguardo. Ero assalito dal timore di essermi rotto qualche osso o di avere dei tagli talmente profondi da non poter più scendere in campo. Che qualcosa potesse essere andato storto l’ho capito dal silenzio che mi ha circondato, e dal fatto che tutti fissavano il mio piede. Istintivamente l’ho mosso: funzionava ancora, un po’ dolorante, ma funzionava. L’importante era quello. Perché teoricamente il mio Mondiale si sarebbe potuto fermare lì. Per fortuna non mi sono fatto niente. Lippi però era furente, ha cominciato ad insultarmi, mi avrebbe ammazzato. Il primo a parlare, dopo aver capito che avrei continuato a difendere la porta dell’Italia, è stato proprio Cannavaro: Gigi , non vuoi tornare a casa, vero?”.
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