Una scossa, questo è sembrato voler dare Luciano Spalletti ieri con l’intervista alla Gazzetta dello Sport. Sei mesi dopo aver preso le redini della Nazionale in un momento delicatissimo e aver ottenuto una difficile qualificazione agli Europei, il ct deve essersi reso conto che in qualcuno la tensione si sta allentando mentre, avvicinandosi l’evento, bisognerebbe sentire salire l’adrenalina e fare di tutto per conquistarsi una maglia.
Orgoglio, partecipazione, responsabilità, sono concetti che Spalletti ha ripetuto spesso fin dai primi giorni. C’era bisogno di risentire forte il senso di appartenenza, c’era da raccogliere il vessillo caduto a terra dopo l’addio di Mancini, vissuto un po’ da tutti come un tradimento. Non era solo una questione di gioco, di tattica, di scelte e di risultati da ottenere subito. Spalletti ha capito che se non si fosse innanzitutto riacceso immediatamente un senso di appartenenza e di orgoglio, sarebbe stato complicato ottenere anche tutto il resto. E così scelte decise e coerenti, gioco propositivo e offensivo, regole e comportamenti sono andati di pari passo con i risultati che ci hanno fatto staccare il pass per Germania 2024, nonostante tante difficoltà da superare, in campo (avversarie difficili come Inghilterra ed Ucraina) e fuori (il caso scommesse).
Dunque tutto bene? Evidentemente no. Spalletti vuole alzare l’asticella. Sa di non avere la squadra migliore del torneo ma non chiede, non vuole e non offre alibi. Anzi rilancia come raramente hanno fatto i suoi predecessori con formazioni migliori di questa: “Non mi accontento, voglio vincere l’Europeo e poi il Mondiale”. Ci crede lui e vuole che ci credano i suoi giocatori. Ma deve scattare in loro una molla: fame, fuoco, voglia, convinzione, disponibilità al sacrificio. Per vincere, dice Spalletti, non servono giocatori belli solo per 20’ a partita, quelli da consolare o da coccolare perché mettono il muso, quelli attenti più a mettere foto su Instagram che a faticare in allenamento. E, peggio ancora, quelli che passano tutta la notte a giocare ai videogiochi alla vigilia di una gara decisiva mostrando scarso senso del dovere, di responsabilità e di rispetto per la maglia Azzurra. Chi conosce Spalletti e la sua storia, sa che alcune cose lo mandano in bestia. Dunque bandita anche la Playstation.
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