Alessandro Buongiorno, difensore del Torino, accostato nell’ultima sessione di calciomercato al Milan, ha rilasciato una lunga intervista alla Gazzetta dello Sport, in cui ha trattato svariati temi, il Toro, la Nazionale, i punti di riferimento e non solo.
L’ESSERE GRANATA – “Il momento più bello, più intenso della mia esperienza qui al Toro è stato quando, a Superga, il capitano Rodriguez mi ha detto che avrei letto io i nomi dei giocatori, delle vittime di quella tragedia. In quel momento ho vissuto il punto più alto di un’appartenenza che sento molto. Essere del Torino non è come essere di un’altra squadra, con tutto il rispetto. Noi siamo stati grandi, abbiamo vinto molto, ma abbiamo anche sofferto tanto. Il fato si è accanito con noi cancellando dalla faccia della terra la squadra più forte di quel tempo, quella di capitan Mazzola, e poi il giocatore più significativo, più simbolico, degli anni Sessanta, Gigi Meroni. Noi siamo dolore e gioia, siamo tragedia e festa. Noi siamo il Torino. Mentre leggevo quei nomi, sentivo il peso e l’onore di questa identità“.
JURIC – “E’ un allenatore tosto, che giustamente chiede tanto, che pensa al gruppo e lo difende. Quando lo abbiamo conosciuto non eravamo abituati a quei ritmi di lavoro, a quell’intensità di preparazione e di gioco. Ma ora abbiamo capito il suo modo di intendere il calcio e cerchiamo di applicarlo. Non so dove potremo arrivare, ma certo il più in alto possibile”
RICORDI DI CAMPO – “La partita più bella? Quella in Coppa Italia contro il Milan: vincemmo in dieci con un gol nella fase finale. Poi l’esordio in Nazionale, durante la Nations League contro l’Olanda. Io non ero tra i convocati e stavo in vacanza con i miei amici. Il giorno prima della chiamata avevo fatto uno scherzo dicendo che ero stato contattato per raggiungere gli azzurri. Quando poi è successo davvero non ci credevano. Ma soprattutto il mio esordio in maglia granata contro il Crotone: entrai all’ottantesimo e mi infortunai al gomito sei minuti dopo. Gioia e dolore, roba da granata“.
LA NAZIONALE ITALIANA – “Sto facendo di tutto per recuperare, per arrivare pronto. So che in Nazionale non basta essere forti. Lì guardano, giustamente, anche la qualità umana, la capacità di stare nel gruppo, di sentirsi parte e non tutto. Spero proprio di farcela, sto alzando i ritmi e faticando non solo per la maglia granata. Anche per quella azzurra“.
LA LAUREA – “Dopo il diploma sono andato a giocare a Carpi. Ho deciso di prendermi quel tempo come un anno sabatico, ma poi mi sono accorto che mi sembrava di sprecare tempo di vita, di banalizzare le giornate. Così mi sono iscritto all’università, mi sono laureato e ora studio per prendere la magistrale in Management dello Sport. Studiare mi ha fatto aprire la mente. Mi serve anche in campo, capisco meglio le cose, le vedo prima e più in profondità“.
RIVALI E IDOLI – “Tra gli avversari più difficili da marcare, per me c’è Lukaku. È molto ostico, ha una grande fisicità e la usa. Bisogna stare molto attenti a non dargli campo. Con lui è necessario giocare di anticipo. Un altro fortissimo, anche se fin qui non l’ho mai marcato, è Osimhen. Ha corsa, potenza, cattiveria agonistica. A chi mi ispiravo? Nesta e Maldini. So a memoria le loro partite, ho consumato Youtube per vedere il modo in cui difendevano e partecipavano al gioco“.
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