Andrea Cambiaso ha rilasciato una lunga intervista a La Gazzetta dello Sport: “Io mi sono imposto il divieto di usare Instagram sul cellulare, troppa dipendenza, come con la Playstation. Divertenti, ma a dosi contenute. L’ho tenuto sul computer perché mi sono reso conto che per tanti bambini la mia presenza è importante e posso dire o fare qualcosa di utile. I social possono produrre molti rischi, se usati troppo o male. È una giungla affascinante, ma senza controllo. Sono concentrato totalmente sull’oggi. Ho 24 anni e il dopo mi sembra lontanissimo. Cerco di stare bene, sereno, di godermi questa condizione di cui riconosco il privilegio. Abbiamo molto tempo libero, forse persino troppo. E, se non stai attento, la noia è come un gorgo, ti risucchia. Io cerco di uscire, di ascoltare musica, vedere serie o film, leggere qualche libro. Ma è anche per evitare quel vuoto che sto pensando di iscrivermi all’università, farei felice i miei e riempirei di senso il tempo? Siamo in quattro in famiglia: papà Ugo, mamma Ilaria e mio fratello Alberto. Siamo di Genova. Mio padre è direttore di una società di guanti in lattice, mia madre cura le buste paga di un’azienda. Io sono immensamente grato alla loro intelligenza e al loro rispetto per le mie passioni e le mie scelte. Presa la maturità all’Italo Calvino, il liceo tecnico informatico che frequentavo, mio padre mi ha infatti concesso di fare un anno sabbatico in cui concentrarmi su quello che poi sarebbe diventato il mio lavoro, il calcio. Loro mi hanno sempre fatto capire il valore dello studio ma, al contempo, mi hanno lasciato libero di seguire la mia febbre per il pallone».
Il ruolo: Io mi sento un giocatore di fascia, dove forse ho attitudini non frequenti, come quella di accentrarmi, di essere un esterno che viene dentro il campo. Non so se sia più destro o sinistro, ne abbiamo parlato con il mister senza concludere; vado bene, sembra, da tutte e due le parti. D’altra parte uno dei miei due idoli calcistici è Cancelo, che gioca indifferentemente sui due lati. L’altro è Dybala, fenomeno assoluto. Da ragazzo era Milito, noi siamo una famiglia genoana. Infatti la prima maglietta che ho avuto, da bambino, era di Diego Perotti…Questa maglia porta con sé tanta responsabilità. E non è una affermazione banale, una di quelle. No, qui perdere è una tragica anomalia, vincere la normalità. Allegri è stato molto bravo a farmi capire subito questa diversa concezione, questo modo di essere della Juve. Il nostro obiettivo per quest’anno non è cambiato mai, checché se ne sia detto. Era di tornare in Champions, resta di tornare in Champions. E ci torneremo”.
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