In esclusiva per TMW, ha parlato Mauro German Camoranesi, ex giocatore della Juventus e campione del mondo con la Nazionale Italiana nel 2006. Terminata l’avventura da giocatore Camoranesi ha appeso gli scarpini al chiodo ma è rimasto nel mondo del calcio vestendo i panni da allenatore. Il suo percorso è iniziato al Chiapas nella “sua” Argentina, passato per la Slovenia, fino alla breve parentesi in Francia. Ora Camoranesi allena il Floriana, squadra di Malta, ma con il sogno un giorno di tornare in Italia da allenatore. Queste le sue parole:
Mauro German Camoranesi, come procede questa avventura maltese?
“Devo dire molto bene, perché tutte quelle che erano le mie aspettative sono state ripagate. Stiamo facendo un bel torneo e siamo nella volata finale per cercare di vincere un titolo che manca da tre anni”.
Cosa ti ha portato nell’isola?
“Prima di tutto l’importanza della squadra, che nella sua storia ha vinto tanti campionati. Ho fatto l’analisi del campionato, ho avuto la conferma che si poteva fare un buon lavoro. Inoltre il fatto di essere vicino all’Italia è un fattore importante, Sono contento e si sta da Dio”.
Che calcio hai trovato a Malta?
“La cosa che mi ha sorpreso è quante squadre ci sono per un paese così piccolo. Ci sono 3 divisioni e persino un campionato a parte a Gozo. L’influenza inglese e italiana la si vede da questi aspetti”.
Abbiamo conosciuto Camoranesi giocatore, un’ala estrosa. Che allenatore è, invece?
“Sono un allenatore semplice, che cerca la quadra giusta per trovare le posizioni migliori dei suoi giocatori. Credo molto nella parte atletica e fondamentalmente poi gioco molto di strategia a seconda dell’avversario. Ho la convinzione, contrariamente alla tendenza della mia carriera di calciatore, che si debba andare alla ricerca del risultato, che sia con la palla o senza. Non amo le squadre che aspettano, il giocatore stesso non ha voglia di aspettare cosa decide l’avversario”.
Modulo preferito?
“Negli ultimi anni ho giocato col 3-4-3”.
Quindi stile Malesani, rifacendoci ai vecchi maestri della tua carriera
“Malesani mi ha lasciato sensazioni molto positive quando giocavo. E quel che ho imparato con lui, magari non con quelle caratteristiche, mi è servito molto. E poi ho trovato anche i giocatori adatti per giocare in questo modo”.
In carriera hai inoltre avuto grandi maestri, come Lippi e Capello, ma anche Deschamps e Ranieri
“Tutti gli allenatori ti lasciano qualcosa. Ma alla fine la differenza la fanno i giocatori, non l’allenatore. Il calcio è troppo semplice per complicarlo con moduli e schemi”.
Un giocatore con le tue caratteristiche, che salta l’uomo, nel calcio di oggi è difficile trovarlo. Che spiegazione ti sei dato?
“Il calcio è cambiato, gli allenatori sono diventati troppo protagonisti. Ma in un certo senso posso capire: ogni settimana si devono guadagnare la conferma e a quel punto il coraggio di rischiare manca”.
Immaginiamo però che tu sia per la salvaguardia dell’estro
“Assolutamente. Ancora oggi comunque ci sono allenatori che lasciano libertà ai loro giocatori, io sono uno di quelli. Chiaro che mi piaccia l’ordine, l’organizzazione ma anche il giocatore può insegnarci qualcosa. Devi permettergli di creare e rischiare. E anche sbagliare. Soprattutto sbagliare”.
Calcio cambiato in meglio o in peggio?
“A me piace di più il calcio di oggi, è più dinamico”.
In un’intervista hai dichiarato che da calciatore prendevi spesso delle multe per i ritardi. Ora sei dall’altra parte della barricata…
“Quando sei giocatore è un discorso, ora devi ragionare in un modo diverso. Ed essendo la testa del gruppo sono esigente. Poi chiaro che non è che se uno ritarda lo rincorro col bastone, una multa può bastare”
.
Messico, Argentina, Slovenia, Malta: praticamente culture e calcio agli antipodi. Che esperienze sono state?
“Sono tutte diverse. In Sudamerica si ragiona in un modo, in Europa un altro. Personalmente mi sento davvero a mio agio in Europa, per il modo di lavorare e ragionare anche del giocatore. In Sudamerica ci sono altre componenti con cui convivere, non sempre uno più uno fa due. Poi parlano i risultati: in Europa sono stati ottimi, mi accorgo che il messaggio arriva”.
Prossima tappa?
“Ora penso a questa stagione e a cercare di vincere il campionato. Al Floriana c’è la possibilità di estendere il contratto ma ovviamente se arrivasse qualche proposta la valuterei”.
Magari dall’Italia?
“Dipende qual è la proposta. Ad ogni modo mi sentirei pronto, faccio calcio da 40 anni e non mi spaventa nulla. Mi piacerebbe tornare in Italia ma i tempi sono cambiati e il mercato si è globalizzato. C’è una realtà mondiale che non possiamo certamente ignorare”.
Se potessi scegliere dove ti vedresti?
“Domanda difficile, ma dico la Serie A”.
Non il River Plate?
“Amo questa squadra, certamente mi piacerebbe”.
Intanto in Serie A la corsa al titolo è già chiusa
“E questo mi dispiace perché con questo divario non c’è più pathos. Però mi fa piacere che il calcio italiano si stia facendo valere all’estero, l’anno scorso con tre finaliste in Europa è stato un anno magico“.
C’è un allenatore di questa Serie A che ti piace particolarmente?
“In giro che ne sono tanti che stanno facendo molto bene. A mio avviso il migliore degli ultimi quattro anni è stato Vincenzo Italiano. Andrebbe sottolineato il lavoro che ha fatto, vincendo a Trapani e a La Spezia. A volte però si guarda solo alle prime tre“.
La Nazionale invece manca di grandissimi talenti. Certamente rispetto alla tua generazione
“Non è giusto fare paragoni perché ogni periodo è diverso. Chiaro che sei l’Italia e le esigenze sono sempre alte. Credo che la Nazionale abbia dei buoni giocatori, magari c’è una leggera differenza rispetto ad altre come Inghilterra, Francia, Spagna, Brasile e Argentina. E anche il calcio africano sta crescendo. Diciamo che l’Italia deve trovare la propria strada, ha una squadra competitiva anche se difficilmente in grado di vincere il grande trofeo“.
Spalletti è l’uomo giusto
“In questo momento sì. Ha grande esperienza alle spalle ed era il meglio che potesse offrire il mercato. Ed è reduce da un campionato vinto alla grande“.
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