Morte Mattia Giani, domani l’autopsia, ipotesi tachicardia ventricolare. Non c’era il medico e l’ambulanza in campo

Scrive La Nazione, un silenzio surreale rotto soltanto dal pianto dei tanti amici e dalle urla disperate di babbo Sandro e mamma Debora, del fratello Elia e della fidanzata Sofia. Anche se la speranza era ridotta a un lumicino nessuno riesce a crederci, nessuno vuole crederci: Mattia Giani non ce l’ha fatta. E’ morto ieri mattina all’ospedale di Careggi dove era stato trasportato in condizioni disperate domenica. Il 26enne di Ponte a Egola, frazione di San Miniato, si era sentito male mentre giocava con la sua squadra del Castelfiorentino, sul campo del Lanciotto Campi, sfida del campionato di Eccellenza.

Cosa sia accaduto ancora non è chiaro: sarà l’autopsia disposta dal pm Giuseppe Ledda, e prevista per domani, nell’ambito di un’indagine ancora agli esordi, a provare a spiegare una tragedia tanto amara. Secondo le prime indiscrezioni, il malore potrebbe essere stato provocato da tachicardia ventricolare. Da chiarire anche la presenza o meno sul posto di personale medico. La Federazione impone da regolamento la presenza di un medico o di un’ambulanza: il mezzo non c’era e il sanitario intervenuto era una spettatrice sugli spalti.

Quello che, purtroppo, è certo è che al quindicesimo minuto, dopo un bel tiro verso la porta avversaria Mattia ha fatto tre passi all’indietro e poi è stramazzato a terra. Subito le condizioni dell’atleta sono apparse gravi e la corsa in ospedale disperata. “Già domenica sera il responso dei medici lasciava capire che la situazione era gravissima” racconta il mister, Nico Scardigli che domenica è rimasto fino a tarda sera in ospedale e ieri mattina è tornato per stare vicino alla famiglia. Cosa che hanno fatto anche i compagni di squadra sperando fino all’ultimo in un miracolo. “Un ragazzo d’oro, senza lati oscuri” ripetono i tanti amici assiepati nel padiglione G del pronto soccorso.

“Una fatalità sì, ma perché proprio a Mattia?” si domandano i ragazzi arrivati da lontano visto che il 26enne, aveva giocato in molte squadre lasciando ovunque bei ricordi. “Lui sì che era un ragazzo per bene” sussurra un’amica, “un compagno di spogliatoio, una guida per i giovani” aggiunge un altro. Quando i medici hanno comunicato l’infausta notizia, la rabbia si è sciolta nel pianto. Occhi lucidi, poca voglia di parlare e lunghi silenzi per l’intera giornata in quel drammatico via vai ordinato tra la sala d’attesa e l’esterno di Careggi. Poi una processione verso la stanza 12 per salutare per l’ultima volta il giovane Mattia: camici bianchi usa e getta, il volto e il pianto nascosto nelle mascherine. Anche chi non era presente a Careggi piange quel ragazzo conosciuto sui campi come nella movida dei suoi 26 anni: “Ci ho sempre giocato contro, ma fuori eravamo amici”. E ancora: “Andavamo in palestra insieme, ora non so come fare a rimettermi piedi”.

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Lisa Grelloni

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