di Stefano Borgi.
Personalmente non avevamo dubbi, la Fiorentina è troppo superiore al Brugge: lo si era visto all’andata, è stato confermato al ritorno. Eh si che i belgi, appena un anno fa, avevano disputato gli ottavi di finale di Champions League. Era però palpabile (al di là dei mille pali colpiti) che i viola, per gioco, tecnica e personalità, sono anni avanti rispetto ai volenterosi fiamminghi. Però, c’era un però: il risultato risicato dell’andata, gli errori/orrori dei difensori gigliati, e quel Thiago (22enne brasiliano già ceduto per 30 milioni agli inglesi del Brentford) che a Firenze ci ha fatto paura. E poi il rendimento (?) dei tre tenori: Arthur, Nico e Bonaventura. Del secondo ne parleremo alla fine, l’ultimo era addirittura in tribuna, il primo (Arthur) l’unico che ha giocato, ma ahimè… ben lontano dai suoi standard migliori. Quelli di inizio stagione per intenderci. E allora cosa ci rimane, oltre alla qualificazione? Il resto della squadra. Tutto il resto, nessuno escluso. Certamente meno altisonante, meno affascinante, ma più affidabile. Più attendibile. Tecnicamente e fisicamente. Ed ecco che emergono Dodò (stasera per lunghi tratti imprendibile), Kouamè (per lui due legni clamorosi, e già questo basterebbe), più N’Zola. Eh già, proprio lui, M’Bala N’Zola, quello che 10 giorni fa era fuori rosa. Problemi personali? Scarso impegno? Scarso rendimento? Non è dato sapere. Fatto sta che l’angolano era fuori, da tutte le rotte. E invece, col gol decisivo del Franchi, e col rigore provocato (oltre ad un gran lavoro di lotta e di governo) nel ritorno di Brugge, il gigante nero ci ha regalato la finale. Ancora una volta, chi l’avrebbe mai detto? Con loro citiamo anche Duncan (per completare il total black power viola), entrato splendidamente e proficuamente in partita. La vittoria del gruppo, abbiamo detto, senza i tenori ha vinto il coro, le maestranze, quelli dietro le quinte. Ha vinto Italiano, ha vinto la Fiorentina, ha vinto Firenze. E adesso, fra tre settimane, la finale di Conference League, e di conseguenza l’Europa League… No, non è solo un miraggio, è realtà.
NICO, SE CI SEI… Batti un colpo, dice il detto. Allora, fuor di battuta, in quel di Brugge Nico Gonzales ha fatto una cosa brutta (bruttissima) e due cose buone. Aggiungerei buonissime. La cosa brutta è il gol mangiato, divorato, fagocitato alla mezz’ora. Non è tanto aver sbagliato un gol già fatto (scagli la prima pietra chi…), quanto il come lo ha sbagliato. Non è ammissibile, in una semifinale europea (ok, è la terza coppa, per alcuni la coppa del nonno, bla, bla, bla…) tirare in porta con così poca forza, così poca voglia, così poca determinazione. In una definizione: con così poca anima. Non si può, non si deve, non è concepibile. Detto questo, la semirovesciata per N’Zola che ha provocato il rigore e l’umiltà con la quale l’argentino ha ceduto il penalty al collega di terra e di ruolo, lo riabilita. Non totalmente, ma lo riabilita. È stata, la sua, una mirabile dimostrazione di umiltà, di attaccamento alla maglia. Ricordiamo come Nico avesse sbagliato gli ultimi due rigori in campionato, ricordiamo che primo tra tutti lo stesso Nico si renda conto di non essere al massimo, di non essere il vice-campione del mondo idolatrato a Firenze ed in Argentina. Ed allora che fa? Prende il pallone per calciare, ci pensa, ci ripensa, e dice: non sono al meglio, vengo da due rigori falliti, non posso rischiare di infrangere il sogno di quelle 1200 persone che ci sono venute a vedere. Più le altre migliaia sedute davanti al televisore. Quindi, un passo indietro e cedo l’onore (e l’onere) a Beltran. Che non ha il mio pedigree, ma calcia bene i rigori ed è sereno. Risultato? La Fiorentina pareggia e va in finale, anche per merito di Nico. Chiudiamo con un auspicio: Fiorentina in finale con l’Olimpiakos? Con l’Aston Villa? Non lo sappiamo ancora. Di una cosa siamo certi, che Nico sarà un protagonista assoluto della partita e, se ci sarà da battere un rigore, non abbiamo dubbi su chi lo calcerà. Una volta si, ma due… Scommettiamo?
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