di Stefano Borgi.
Alzi la mano chi, leggendo la formazione, non era contento. Non era d’accordo con Italiano. Bonaventura al posto di Beltran, un centrocampista in più, una squadra meno sbilanciata in avanti. Meno soggetta a ripartenze e sorprese dell’ultimo minuto. E invece… A questo punto ci chiediamo: non è che la Fiorentina si è sentita zavorrata, sminuita, depotenziata? Non è che la famosa identità, la famosa impronta di Italiano è venuta meno? Non è che senza Beltran dal primo minuto è stato dato un segnale di resa? O quantomeno di eccessiva prudenza? Chi può dirlo… Lo sappiamo, la Fiorentina di Italiano non sa gestire, non sa aspettare. Tanto meno sa affrontare 120 minuti per poi andare ai rigori. Ed invece è esattamente ciò che i viola (anzi, i bianchi) hanno fatto ad Atene: zero rischi, zero iniziative, zero inserimenti, al massimo un paio di occasioni fortuite, buone per impaurire l’avversario e portarlo ai rigori. Il problema è che c’è sempre l’imprevisto, e noi (more solito) con gli imprevisti non sappiamo giocare. Neppure a Monopoli.
Insomma, la verità è molto più seria di quanto appaia: questo gruppo ha fallito, questo gruppo si è rivelato inadatto, quantomeno a vincere. Tre finali perse su tre, fate voi… Poi, se vi accontentate di andare a Roma e non vedere il Papa, contenti voi… Ma noi no, noi proprio no. Quindi, da domani, rivoluzione totale. Perché una partita ti può salvare o affossare la vita. E la finale di Atene ci ha fatto capire che la Fiorentina di Italiano, oltre una stupida finale non può andare. Mikenkovic, Quarta, Biraghi, Arthur, Bonaventura, Mandragora, Nico, Belotti, Kouamè, Ikonè, Beltran… non ce la fanno. Non c’è niente da fare, non ce la fanno. Sennò non si spiegano tre finali “non giocate”. Perse subito, perse in partenza, perse negli spogliatoi. Al cospetto di un avversario, l’anno scorso come questo, vogliamo dire ridicolo? Vogliamo dire patetico? Comunque, da qualsiasi parte la si voglia vedere… inferiore? Nettamente inferiore? Quindi, caro Commisso: pensi seriamente a cosa vuole fare da grande, perché di finali ne abbiamo abbastanza. Soprattutto ne abbiamo abbastanza di finali “non giocate”, “non combattute”, da subito consegnate all’avversario. Qualcuno un giorno disse: “meglio secondi che ladri”. Al che Daniel Bertoni replicò: “no, meglio ladri che secondi”… Ecco, noi siamo d’accordo con Daniel, ieri come oggi. E come domani.
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