Dodò, terzino della Fiorentina, ha così raccontato a Repubblica (Firenze) la difficoltà della guerra in Ucraina:
Cosa ricorda dell’esperienza allo Shakhtar? Dove ha vissuto? «Sono stati giorni infernali. Lo Shakhtar era a Kiev. L’allenatore era De Zerbi. A febbraio sono iniziati i bombardamenti, siamo scesi in un bunker insieme ad altri brasiliani. Il mister è rimasto con noi: “Andrò via soltanto quando sarà uscito da qui l’ultimo calciatore”, ci ripeteva. Sentivamo le bombe, l’aeroporto è stato colpito. Marlon era con moglie e figlio, non usciva perché rischiava troppo. Dopo una settimana un giornalista ucraino ci ha detto di prendere il treno, di lasciare la capitale il prima possibile. Abbiamo messo in valigia quel che avevamo, siamo saliti in macchina e fuggiti verso la stazione soltanto coi bagagli e un documento. Abbiamo fatto sedici ore di treno fino a Budapest».
Segue sempre il conflitto? «Certo. Ho portato a Firenze due persone, moglie e marito, che lavoravano per me a Kiev. Gli garantisco sempre un un mese di vacanza, loro tornano in Ucraina. Un giorno la signora mi ha detto che sua sorella non ce l’ha fatta, colpita da una bomba mentre era in casa coi suoi bambini».
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