L’ex Torino Gomis shock: “Bevevo e usavo sostanze stupefacenti per stare meglio. Ero caduto in un baratro”

Lys Gomis, portiere italo-senegalese cresciuto calcisticamente nelle giovanili del Torino, con la cui maglia ha esordito in prima squadra, si è raccontato in esclusiva sulle colonne de La Stampa, svelando pubblicamente il dramma della depressione e delle dipendenze, scaturito da due pesanti infortuni, occorsi a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, nel corso della medesima annata: “Sono rimasto vulnerabile. Mi sentivo solo. Spaesato. Un fallito“.

Era il 2018 quando il classe ’89, appena trasferitosi al Teramo, all’epoca militante in Lega Pro, rimediò una lesione di alto grado del quadricipite della gamba sinistra, che lo costrinse ai box per 24 partite, saltando così l’intero girone d’andata e non solo. A meno di due mesi dal ritorno sui campi di allenamento un nuovo problema fisico, una lesione del tendine rotuleo sinistro, rese impossibile il rientro sul rettangolo di gioco prima della fine della stagione in corso.

Dopo l’esperienza in Abruzzo, estremamente condizionata dagli infortuni, l’ex Lecce e Frosinone fu costretto a fermarsi e a dire, di fatto, addio alla sua carriera nel calcio professionistico. Fu proprio in quel momento che si sentì inghiottire in un vortice oscuro: “Bevevo tanto per non restare con i miei pensieri. Usavo sostanze stupefacenti per sentirmi meglio. Avevo paura un po’ di tutto. Mi sentivo di non valere più nulla.

Continuavo a fare il mio lavoro con serietà, massima diligenza e attenzione, tanto che nessuno poteva accorgersi del mio dramma personale. Sapevo nascondere bene. Non mi confidavo con nessuno, tenevo tutto dentro: la cosa peggiore. Chi mi vuole bene si accorgeva di quanto soffrissi, mia mamma prima di tutto, che mi è stata vicino in ogni momento della mia tempesta. Lei c’è stata sempre. Ma io rifiutavo ogni aiutoAdesso, pensando a quei giorni bui, ho imparato che si può cambiare idea e che chiedere aiuto è una cosa magica. Ho ripreso la mia vita chiedendo aiuto.

Mi ero guardato allo specchio, non mi riconoscevo più. Dovevo fare qualcosa. Ero caduto in un baratro, mi sentivo morire. Poi ho deciso di parlarne in famiglia e grazie a loro mi sono rivolto a Narconon Piemonte. Li ho avuto un’altra fortuna, ho incontrato un gruppo stupendo. Mi hanno ridato la vita. È stato fantastico imparare da loro.

Sono stati mesi difficili e intensi, ma alla fine sono fiero di quanto ho fatto e continuerò a farlo. Da quando avevo smesso con il calcio professionistico non riuscivo più a fare quello che davvero volevo e incolpavo ogni persona che mi circondava e non solo, il mondo era mio nemico. Invece, ora tutto quello che sono e faccio è bello, ne sono fiero. Ora voglio portare il mio buon esempio, faremo prevenzione nelle scuole, nei centri sportivi, ovunque. Dedicherò la mia vita ad aiutare me stesso e gli altri. Sarò molto presente nelle iniziative, ci metterò la faccia sul problema degrado e droga. Vorrei scrivere anche un libro, una biografia a lieto fine. Perchè io, adesso, ci sono“.

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Flavio Forlini

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