Maifredi: “Schillaci? Morire a 59 anni vuol dire stroncare una vita. Quando lo vidi ad Italia ’90 ero al settimo cielo”

Scrive Bresciaoggi, Gigi Maifredi ha raccontato così Totò Schillaci:

Maifredi, il primo ricordo che le viene in mente?
Umanamente con Schillaci ho avuto un rapporto che è proseguito anche dopo la nostra comune esperienza alla Juventus.

Si riferisce alla parentesi in televisione?
Esattamente. Quando sono andato come inviato di Quelli che il calcio a Palermo, Schillaci venne a prendermi all’aeroporto, mi ospitò a casa sua, mi mostrò la sua splendida villa. E mi presentò sua moglie, la seconda, una donna squisitissima. Io l’ho messo tra i 7 giocatori che hanno fatto un cameo nel film «Amore, bugie e calcetto». Avrei potuto chiamare chiunque e se ho voluto Totò, è la dimostrazione del legame forte che avevo con lui.

E come calciatore?
Quando si fa il ricordo di una persona che non c’è più, si parla dal punto di vista umano. Il calciatore passa in secondo piano. Non nego che, quando lo vidi ai Mondiali di Italia ’90, ero altro che al settimo cielo. Sapevo che sarebbe diventato un mio giocatore alla Juventus e ogni gol che faceva in azzurro era una goduria enorme.

Sembra incredibile che l’eroe delle notti magiche dell’estate 1990 non ci sia più. E la malattia lo ha stroncato a soli 59 anni.
La mia amarezza deriva proprio da questo. Morire a 59 anni vuol dire stroncare una vita. Io ho un figlio di 53 e un altro di 48. Ecco, Schillaci era quasi come un figlio per me.

Di cosa parlavate?
Di qualsiasi argomento: del rapporto con la moglie, della vita che faceva a Palermo, della villa che stava costruendo.

E dei Mondiali? Di quei Mondiali che lo fecero conoscere al mondo?
Naturalmente sì. Ricordava perfettamente ognuno dei 6 gol segnati. Un allenatore fa affidamento su ogni elemento per avere il massimo da ogni giocatore.

Cosa le piaceva di più del suo carattere, della sua persona?
Schillaci era un uomo del Sud nel senso più nobile del termine. Se ti concedeva la sua amicizia, era per tutta la vita.

Come nel film Benvenuti al Sud, quando Claudio Bisio viene trasferito in Campania per punizione e si trova benissimo, distruggendo i luoghi comuni.
I meridionali bisogna conoscerli per apprezzarli. Solo chi non è mai stato al Sud e non conosce i meridionali, pensa in negativo ma non è assolutamente così. Totò era un personaggio.

Il rapporto dopo il calcio?
Ci si divertiva tantissimo, soprattutto durante Quelli che il calcio. Avevo una ventina di ex giocatori: c’era una coesione, un’intesa pazzesche. Ero quello che dava le direttive ma facevo parte del gruppo. Facevamo Gladiagol, il calcio in gabbia 2 contro 2. Oltre a Schillaci, c’erano Bonetti, Bonini, Pellegrini, Rizzitelli, Agostini, Bianchi, Poli, Villa e tanti altri. Siamo venuti anche a Brescia in piazza Loggia.

Schillaci calciatore poteva fare di più?
Ognuno è artefice delle proprie fortune. Per me ha fatto una buonissima carriera. E lo ricordo come un amico vero. Mi mancherà tanto.

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