Maurizio Sarri, ex allenatore della Lazio, oggi ancora a caccia di una squadra per tornare in Serie A, ha raccontato quando era calciatore: “Gli ultimi anni della carriera da calciatore li ho fatti a Stia, in prima categoria. Durante il campionato mi chiesero anche di allenare, avevo 31 anni e una certa predisposizione a dirigere. Una volta, con gli allievi del Figline, dovevamo giocare la domenica mattina una partita importante, il sabato l’allenatore litigò violentemente col presidente e si dimise. Per solidarietà con lui se ne andarono anche i dirigenti accompagnatori e tutti gli adulti. Per fortuna restò l’autista del pullman. Insomma andammo al campo degli avversari e feci tutto: decisi la formazione, scrissi la nota e dissi all’arbitro che l’allenatore purtroppo non poteva esserci perché si era sentito male ed era rimasto in pullman. Avevo 15 anni e la vincemmo anche quella partita. Dallo Stia passai al Monte San Savino e vincemmo tutti i campionati passando dall’eccellenza alla Serie C, all’epoca lavoravo in banca, però a quel punto dovevo decidere: o il calcio o la banca, E scelsi il calcio, non senza sofferenza.
Il calcio, come tutto, richiede analisi, pensiero, riflessione oltre all’esperienza vissuta. lo ho letto molto sulla tecnica e mi capita ancora di passare ore chiuse in una stanza a pensare a uno schema, a come sfruttare nel modo migliore le palle inattive, ma è un pensiero in movimento, non fisso. lo ho cambiato il mio modo di pensare rispetto a 10 anni fa, ero più portato a pensare che la tattica fosse un valore assoluto. Ora so che il bambino che c’è in ogni giocatore non va mai spento, quando un giocatore si diverte rende il doppio, ed è uno spettacolo meraviglioso”.
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