Romelu Lukaku, attaccante del Napoli e del Belgio è così intervenuto al Podcast ‘Friends of Sports’: “Ripartendo sempre dagli ultimi, difficili periodi trascorsi con i Diavoli Rossi e tornando sulla volontà di lasciare la selezione del suo paese: “Nel mio primo colloquio con Domenico Tedesco volevo dirgli che avrei voluto lasciare la nazionale. Avevo già fatto quello che dovevo fare. Tedesco mi ha detto che aveva davvero bisogno di me e dopo una conversazione con mio fratello, ho deciso di continuare. E poi ho segnato subito una tripletta nella mia prima partita con Tedesco contro la Svezia. La non convocazione? Ora ho scelto per me, ne avevo bisogno mentalmente e fisicamente. Non avevo fatto la preparazione estiva – le parole tradotte dal Corriere dello Sport -, perché dovrei mettermi di nuovo in una situazione del genere ora che stiamo facendo dei buoni progressi con il Napoli e sto gradualmente tornando in forma? Non ho il fuoco con cui ho sempre giocato in nazionale, non è acceso. Voglio andare al Mondiale del 2026, questa è la mia motivazione”.
Lukaku, l’attaccante del Napoli, ha inoltre parlato del suo approdo in Italia, all’Inter: “Quando sono arrivato in Italia ricordo che Antonio Conte mi disse letteralmente in faccia: ‘Ascoltami, nel mio sistema di gioco non puoi tenere troppo il pallone, devi ridarlo subito indietro, non devi giocare come Lautaro’. Da quel momento io e Lautaro sapevamo che dovevamo passarci il pallone l’uno con l’altro e che le qualità di Lautaro combaciavano perfettamente con le mie. Così come il sistema di Conte calzava perfettamente per me. Ci allenavamo continuamente a passarci il pallone, così a un certo punto sapevo perfettamente dove sarebbe andato lui o Sanchez o chiunque avrebbe giocato al suo posto. Adesso succede lo stesso con Kvaratskhelia. Questo riesce a fare Conte: crea una sorta di partnership tra i giocatori. La stessa cosa vale con McTominay”. E ancora, sempre su Conte: “La cosa bella di lui è che è proprio quello giusto, penso sia bellissimo il modo in cui lui allena. Il modo in cui amalgama la squadra. Pep Guardiola pure lo fa, anche Klopp, Mourinho, Ancelotti. Sono i grandi allenatori. Se guardi alle squadre che vincono, c’è sempre un allenatore che ha un buon piano tattico ma che soprattutto riesce a creare una squadra unita, con giocatori che stanno bene insieme”.
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