Zambrotta racconta il siparietto di Lippi con il pesce morto nel laghetto
Gianluca Zambrotta, ex calciatore della Juve e della Nazionale italiana, campione del mondo nel 2006, ha così raccontato il famoso siparietto di Lippi ed il pesce già morto nel laghetto:
“Lippi in costume, sporco di fango dalla testa ai piedi, con il capello bianco spettinato e un pesce morto stecchito in mano, tutto tronfio, che si rivolge a Peruzzi e gli dice: “Oh, come vedi, caro mio Cinghialone, non sei l’unico che riesce a pescare a mani nude. Tiè!”
Che show, il nostro allenatore, il giorno dopo aver eliminato in semifinale la Germania a Dortmund. Un vero teatrino, conseguenza di una promessa da mantenere. Era stato chiaro durante la preparazione della partita: “Ragazzi, voi eliminate questi crucchi e io mi butto là dentro”. “Dica lo giuro, mister”. “Lo giuro.” Con tanto di mano sul cuore.
Là dentro, cioè nel presunto laghetto del nostro ritiro, in realtà uno stagno con poca acqua, tanta terra e qualche pesce. In questa storia dentro un’altra storia, i panni degli eroi li hanno vestiti Grosso e Del Piero. I gol di quel 2-0 li hanno segnati loro, e se alla fine esultavamo così tanto era anche perché sapevamo cosa sarebbe accaduto al ritorno nel buon ritiro di Duisburg. Siamo rientrati a tarda notte e la mattina Lippi era già in tenuta da battaglia per pagare pegno. Ha radunato l’intera squadra, gridando: “Sono pronto”. Si è tuffato in quello specchio d’acqua non esattamente limpido come il mare della Sardegna ed è sparito. Inghiottito dal fango.
“Oddio, non lo rivedremo mai più”. Il mister è riemerso qualche secondo più tardi, con in mano un pesce decisamente grande. E decisamente già morto. Si vedeva. Non si muoveva, l’occhio era spento, ci è sembrato anche di intravedere un pezzo di amo incastrato nella sua bocca. Ma Lippi lo muoveva con le mani, lo abbracciava, se lo faceva scivolare addosso e lo riprendeva. Intanto si rivolgeva a noi, che lo guardavamo anche con un po’ di tenerezza: “Ragazzi, ammirate. Ora lo finisco”. Un attimo dopo si rivolgeva al cadavere: “Ormai sei mio, ho catturato il mostro di Loch Ness. Dì le tue ultime parole!”.
Noi lo fissavamo, qualcuno faticava ormai a trattenere le risate, ci sforzavamo di mantenere un minimo di serietà per capire fino a quando sarebbe andato avanti quello scempio. Per poco in verità, qualche istante ancora, giusto il tempo di sentire il mister esultare, e pronunciare quella frase indicando Peruzzi.
Il nostro nei suoi confronti, a quel punto, non è stato un applauso. Siamo andati oltre, abbiamo urlato tutti insieme. Lippi in costume. Lippi col fango addosso. Lippi col capello sbrindellato.
Lippi che parla con un morto. Con la sua immersione, Lippi ha allentato la tensione, regalandoci un po’ di relax prima di iniziare a preparare la partita più importante della nostra carriera. A quel punto, fra noi e la Coppa, rimaneva solo la Francia. Quel giorno il pesce l’abbiamo digerito alla grande, era esattamente ciò che ci serviva. Il tutto reso possibile dalla presenza di un complice del nostro mister, Claudio Silvestri, il cuoco della Nazionale, quello della famosa pubblicità. Era stato lui a rubarne uno dalla cucina, a infilarlo di nascosto in un sacchetto, ad appesantirlo con una pietra e in seguito a gettarlo nel laghetto. Si chiama occultamento di cadavere. Lippi la mente, Silvestri il braccio. Un Mondiale si vince anche così…”.
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