Dai primi gol con la maglia giallorossa ai record, dal ritorno a Lecce per amore al contratto da 900 euro: la storia di Chevanton, leggenda uruguaiana che ha fatto del Salento la sua casa
“900 euro, basta che giochi per il Lecce, il mio vero stipendio è l’affetto della gente e non il denaro”. Con queste parole, Ernesto Javier Chevantón ha descritto il legame speciale che lo lega al Salento e alla maglia giallorossa. Corre l’anno 2001 quando Pantaleo Corvino, l’allora e attuale direttore sportivo del Lecce, lo porta in Italia dal Danubio, club di Montevideo, per sostituire il bomber Cristiano Lucarelli. Un’operazione accolta con scetticismo dai tifosi, ma che si sarebbe rivelata una delle mosse più brillanti nella storia del club.
Corvino, forse scoraggiato per le critiche ricevute, decide di non assistere dal vivo all’esordio di Chevantón il 26 agosto 2001 contro il Parma, forse in viaggio in Brasile, affidandosi alla trasmissione intercontinentale “La Giostra del Gol” per seguire la partita. Bastano 90 secondi prima di sentire il primo motivetto e dissipare ogni dubbio: Chevantón con un pallonetto scavalca Frey, portiere francese del Parma, dando inizio alla sua leggenda. Eppure il Lecce, quell’anno, retrocede in Serie B.
Chevantón, dopo una stagione da protagonista in Serie A, prende sulle spalle il peso della promozione del Lecce nella stagione 2002-2003, segnando 16 gol in Serie B. E allora riporta la sua squadra dove merita. L’anno successivo, con 19 reti in 31 partite di Serie A, si posiziona quarto nella classifica marcatori, dietro solo a campioni del calibro di Totti, Gilardino e del Pallone d’oro Shevchenko. Un repertorio di giocate invidiabili, imprevedibili e spettacolari, che dal primo giorno hanno conquistato i tifosi: doppio passo, serpentine, tiri da bomber vero, da cecchino in area di rigore. Accanto a compagni come Valeri Bojinov e Mirko Vucinic, forma un tridente d’attacco indimenticabile. Chevantón scolpisce il suo nome nella storia del club, diventando il miglior marcatore del Lecce in Serie A con 32 reti.
Oltre al calciatore, però, si ricorda l’uomo: non solo un talento straordinario, ma anche una personalità capace di prendersi responsabilità e affrontare le difficoltà; un atteggiamento diretto, con il cuore sempre in campo e la mente che lo proiettava oltre l’ostacolo. Uomo che nel Salento ha trovato il suo regno e che lo ha reso principe. Perché, nell’estate del 2004, il richiamo del grande calcio lo porta al Monaco, firmando un contratto quadriennale e segnando una temporanea separazione dal Lecce. Però, forse, è proprio nella separazione che si sente e si capisce la forza con cui si ama.
Ma, dopo alcuni giri per il mondo, il cuore lo riporta sempre nel Salento, per la terza volta. Il 9 luglio 2012 Chevantón torna a casa, a Lecce, firmando un contratto da 900 euro al mese, il minimo federale. Una storia di un uomo attaccato ad una maglia, ad una bandiera, una storia romantica di un calcio che non esiste più. Perché Chevantón è sempre stato un uomo che prima di tutto metteva il cuore, oltre ogni ostacolo, oltre ogni battaglia, come durante la finale dei playoff di Lega Pro, quando giocò con un braccio rotto, incarnando lo spirito di sacrificio e amore per la maglia giallorossa.
Con 49 gol in 124 partite complessive con il Lecce, Chevantón ha lasciato un’eredità indelebile. Un attaccante da 172 centimetri per 72 chili capace di mettere in difficoltà le difese più forti, con una varietà di soluzioni tecniche e una tenacia fuori dal comune; il miglior marcatore in Serie A della storia del club e uno dei volti simbolo del calcio salentino.
Chevantón non è stato solo un calciatore, ma un uomo profondamente legato alla terra che lo ha accolto. Uruguaiano di nascita, leccese di adozione, vestendosi di pietra leccese ha incarnato il significato più puro e poetico di attaccamento alla maglia. Ancora oggi, il suo nome risuona tra i cori della Curva Nord, che lo ha sempre sostenuto e amato come uno di loro.
Come dice l’etimologia della parola “ricordare”, dal latino “re-cordis”, richiamare alla propria memoria, il ricordo di Chevantón passa sempre dal cuore. Per il Lecce e i suoi tifosi, Ernesto Javier è più di un giocatore: è un simbolo di passione e appartenenza, un principe che ha reso grande la sua provincia e che continuerà a vivere nei cuori di chi lo ha amato e sostenuto.
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