Dalle partite con Neymar al fallimento in Serie A: la superbia di Allegri lo ha distrutto | “Tolgo subito il disturbo”

Neymar con la maglia del Barcellona (Wikipedia Alex Fau)

Neymar con la maglia del Barcellona (Wikipedia Alex Fau FOTO) - goalist.it

Sembrava essere un calciatore promettente, giocando con calciatori del calibro di Neymar. Eppure, in Italia ha fallito.

Nel calcio, i “bidoni” rappresentano quelle storie di giocatori che, pur arrivati con un bagaglio di grandi aspettative, hanno fallito miseramente nel mantenere le promesse.

Si tratta spesso di calciatori con curricula prestigiosi o giovani talenti annunciati come futuri campioni, incapaci però di adattarsi alla tattica, alla cultura o alla pressione del campionato in cui approdano.

Esempi come Ricardo Quaresma all’Inter, noto per le sue straordinarie giocate in Portogallo, o Diego Forlán che, nonostante il successo mondiale, deluse con l’Inter, dimostrano come il contesto e l’ambiente possano determinare il successo o il fallimento.

Questi casi evidenziano la linea sottile tra il diventare una stella affermata o una meteora, ricordando che nel calcio non basta il talento, infatti servono adattabilità, carattere e continuità per brillare davvero.

Tra illusioni e disillusioni

La storia della Serie A è costellata di colpi di mercato che hanno suscitato aspettative stellari, per poi rivelarsi autentici fallimenti. L’esempio di Diogo Figueiras è emblematico, infatti dopo tre Europa League vinte con il Siviglia, il suo arrivo al Genoa sembrava un colpo sicuro. Ma le sue otto presenze in sei mesi e un gol in una sconfitta rocambolesca contro il Carpi hanno segnato il rapido tramonto della sua esperienza italiana.

Non è solo questione di talento, ma anche di adattamento a un contesto competitivo e tatticamente complesso come quello italiano. Giocatori come Denis Vavro, difensore slovacco della Lazio, pagano l’incapacità di reggere la pressione e di comprendere le dinamiche della Serie A.  Le vicende dei bidoni spesso nascono anche da decisioni dirigenziali affrettate o da intuizioni che si rivelano fallaci. Ma l’esempio per eccellenza è quello di Zé Love, una nostra vecchia conoscenza e bocciata da Max Allegri.

Allegri durante il primo periodo juventino (figc.it FOTO)
Allegri durante il primo periodo juventino (figc.it FOTO ) – goalist.it

Dalle luci della ribalta al buio della depressione

Zé Love, all’anagrafe José Eduardo Bischofe de Almeida, incarna l’essenza della promessa mancata. Proveniente dal prestigioso Santos, dove giocò al fianco di Neymar e Ganso, arrivò al Genoa nel 2011 con l’aura del predestinato. Preziosi, il presidente del club ligure, ne parlava come un grande colpo di mercato. Ma il sogno si sgretolò velocemente: nove presenze, zero reti e un infortunio alla caviglia che ne compromise definitivamente l’adattamento al calcio italiano. Il trasferimento al Milan avrebbe potuto rappresentare una svolta, ma l’orgoglio lo spinse a rifiutare un provino richiesto da Allegri. “Tolgo il disturbo”, dichiarò Zé Love come riportato da Goal.com. La sua decisione lo portò al Siena, dove segnò il suo unico gol in Serie A su rigore. 

Dopo l’esperienza italiana, Zé Love iniziò un pellegrinaggio calcistico tra Brasile, Asia e Medio Oriente, lontano dai riflettori delle grandi competizioni. La parabola discendente non fu solo sportiva, ma anche personale. Colpito da problemi di salute e depressione, il brasiliano toccò il fondo, ammettendo di aver considerato l’idea di togliersi la vita. Il dolore per non essere riuscito a realizzare le aspettative si trasformò in un peso insopportabile. Solo grazie all’aiuto della moglie e del supporto psicologico riuscì a trovare una nuova dimensione.