Editoriali

Senza Bove non è più la stessa Fiorentina, Palladino corra ai ripari. Italiano? In medium…

Di Stefano Borgi

Si sa, il calcio è fatto di episodi. Quindi, mi dai il rigore su Gudmunsson (sacrosanto) e la partita cambia. Completamente. Ma noi andiamo oltre. N’Doye si fa male al 42′, Italiano ci pensa durante l’intervallo e lo cambia con Ferguson. Un centrocampista per un esterno. Sulla panchina viola Citterio che fa? Niente, si va avanti così. Risultato? Il Bologna, per assurdo orfano delle punte di diamante Orsolini e N’Doye, si compatta ancor di più, va in superiorità numerica (grazie appunto a Ferguson), e vince la partita. Anzi, domina tutto il secondo tempo e stravince la partita. Morale? Che con gli episodi favorevoli (rigore su Gud, N’Doye che non s’infortuna) la Fiorentina avrebbe probabilmente vinto, mentre al contrario i felsinei si aggiudicano i tre punti e rientrano di diritto nella corsa Champions. C’est la vie.

Resta un problema… Edoardo Bove. Chiariamo subito, niente contro di lui al quale facciamo i nostri più cari auguri. Però, allo stesso tempo, dobbiamo dire che (almeno per questa stagione) il ragazzo non rientrerà in campo, quindi urge una soluzione. Alternativa, funzionale. E non una pezza a colori, come può essere Beltran, ma anche Sottil. No, senza Bove va cambiata la squadra. Se non negli uomini, nei ruoli, nelle posizioni. Suggeriamo tre idee: 1) Mantenere lo stesso modulo con Gosens più alto (nel ruolo di Bove) e Parisi promosso terzino sx. 2) Passare ad un 4-4-2 (da sempre un usato sicuro) sempre con Gosens più alto e Dodò al posto di Colpani (con Quarta o Comuzzo terzini dietro al brasiliano). Nel mezzo sempre Adlì e Cataldi. 3) Passare alla difesa a tre, con Dodò e Gosens quinti larghi, Mandragora (o Richardson) mezzala sx, ed i soliti Adlì e Cataldi centrocampisti intercambiabili. Dietro ovviamente il rientro di Pongracic con Comuzzo e Ranieri difensori esterni. Ok, passare (o tornare) alla difesa a tre non è facile, lo capiamo, ma qualcuno di plausibile al posto di Bove va messo. E questo qualcuno non può chiamarsi ne Beltran né Sottil.

Chiudiamo sulla querelle Pradè-Italiano. È evidente, conoscendo il direttore, che c’è qualcosa di pregresso, un non detto ed un non scritto che pesa. Ipotizziamo, la finale di Atene? Magari giocata con la testa altrove, con un tecnico ormai dimissionario e con la squadra molle e demotivata? Non lo sappiamo. Quello che sappiamo è il detto degli amici latini (raramente loro sbagliano) che sostenevano: “in medium stat virtus”. E ci riferiamo, in particolare, a Vincenzo Italiano. Non ci nascondiamo, a noi quelli che non esultano dopo un gol e/o una vittoria (per un ipotetico e non garantito rispetto) non piacciono. Preferiamo quelli che, sinceramente, esternano i proprio sentimenti fregandosene dei giudizi altrui. Però… c’è un però: andare a salutare i componenti della panchina viola prima della partita (come dire, mi sono levato un peso) e non considerarli dopo, a vittoria raggiunta… è sembrata una forzatura. Come è sembrata eccessiva (per non dire ridicola) la disperazione dopo il 2-0 sbagliato da Holm: un essere (Italiano) circense, tarantolato, persino precario nella sua postura fisica e mentale. Caro Vincenzo, ti ripetiamo: tu dovevi esultare, ma nella vita c’è sempre una via di mezzo, e tu stavolta non l’hai trovata. Anzi, non l’hai proprio cercata. Peccato.

Lisa Grelloni

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