Tragedia nel pugilato: muore a causa dei colpi subiti | Inutile la corsa in ospedale

Illustrazione di una candela (Depositphotos)

Illustrazione di una candela (Depositphotos FOTO) - goalist.it

Una tragedia nel mondo del pugilato. E’ morto a causa dei colpi subiti, e in ospedale è stato tutto inutile. Non c’è più!

Il pugilato e gli sport da combattimento, pur essendo discipline affascinanti e ricche di storia, portano con sé un rischio intrinseco: la possibilità di infortuni gravi o, nei casi più estremi, di decessi sul ring.

Questi tragici eventi sono rari, ma hanno segnato profondamente il mondo dello sport, evidenziando l’importanza della sicurezza e della prevenzione.

Uno dei casi più noti è quello di Benny “The Kid” Paret, morto nel 1962 dopo un combattimento con Emile Griffith. Paret subì gravi danni cerebrali durante l’incontro, un evento che scosse il pugilato e portò a riforme nelle regole per proteggere maggiormente i combattenti. 

Più recentemente, il caso di Maxim Dadashev, deceduto nel 2019 a causa di un trauma cranico subito durante un incontro, ha ricordato quanto il rischio rimanga presente nonostante i progressi nella medicina sportiva e nelle regolamentazioni.

Il lato oscuro del pugilato

Il pugilato, uno degli sport più antichi e affascinanti, è anche uno dei più rischiosi. Nonostante le rigide regole di sicurezza e i progressi nella medicina sportiva, tragedie come quella di un giovane atleta recentemente scomparso continuano a verificarsi, sollevando interrogativi sulla tutela della salute degli atleti. L’episodio in questione è avvenuto durante un incontro che avrebbe dovuto rappresentare il punto di svolta per la carriera del pugile, ma si è trasformato in un evento drammatico.

Queste tragedie non solo mettono in discussione le dinamiche di sicurezza sul ring, ma portano alla luce anche le difficoltà economiche che molti pugili affrontano. Molti atleti, soprattutto in contesti meno sviluppati, combattono per guadagni irrisori, rischiando la vita per inseguire il sogno di emergere nello sport. Il caso di Hassan Mgaya, un pugile recentemente deceduto evidenzia questa cruda realtà, che merita una riflessione approfondita.

Hassan Mgaya (MMAKA TV)
Hassan Mgaya (MMAKA TV FOTO) – goalist.it

Un sogno spezzato

La tragedia riguarda Hassan Mgaya, pugile tanzaniano di 29 anni, morto a seguito dei colpi ricevuti durante un incontro a Dar-Es-Salaam, il 27 dicembre. Mgaya è crollato al tappeto al quinto round, vittima di un principio di soffocamento causato dalla lingua. Trasportato d’urgenza in ospedale, è rimasto in condizioni critiche per tre giorni prima che il suo decesso fosse ufficializzato. Questo match avrebbe dovuto rappresentare un punto di svolta per la sua carriera, ma si è trasformato in un evento drammatico che ha scosso il mondo della boxe.

A rendere ancora più dolorosa questa vicenda è stato il compenso che Mgaya avrebbe dovuto ricevere: appena 24 euro, una cifra irrisoria che mette in evidenza le difficoltà economiche di molti pugili in contesti come quello tanzaniano. Durante il funerale, il portavoce della famiglia ha espresso il dolore per la perdita e ha sottolineato le condizioni precarie in cui l’atleta operava. Il presidente della WBC, Mauricio Sulaiman, e le autorità locali hanno reso omaggio al giovane pugile, ricordando il suo coraggio e il suo spirito combattivo.