“Lo chiamavano Brizenbauer. La favola viola di Pino Brizi”. Papini: “Da tempo volevo fare qualcosa su di lui”. Antognoni: “Gli sarò sempre riconoscente”, Roggi: “Rubava palla senza fare mai fallo”

_Lo chiamavano Brizenbauer. La favola di Pino Brizi_
Il docufilm che ripercorre l’ascesa del calciatore maceratese nel mondo del calcio, sempre con la sua maglia del cuore, quella della Fiorentina
Sala consiliare di Villa Arrivabene a Firenze stracolma per “Lo chiamavano Brizenbauer. La favola viola di Pino Brizi”, il docufilm che ripercorre dettagliatamente l’ascesa del calciatore maceratese nel mondo del calcio. Pino Brizi è il tifoso viola che ha coronato il sogno di giocare nella sua squadra del cuore, che esultava a Macerata per la vittoria dello scudetto da parte della sua Fiorentina, e che, per un bellissimo scherzo del destino, nel 1968-69 l’ha guidata alla conquista del secondo scudetto nella storia dei gigliati. L’evento è stato organizzato con il patrocinio del Comune di Firenze.
Il regista del docufilm Roberto Davide Papini, giornalista de La Nazione e tifoso viola, ha spiegato quanto l’ha colpito la storia di Brizi e come grazie ad essa ha conosciuto ed inoltre apprezzato la sua città natale, Macerata. “Era da tanto tempo che volevo fare qualcosa su Brizi – ha detto Papini – mi ha sempre affascinato la storia di questo ragazzino che a Macerata, nel 1956, tifoso della Fiorentina, esulta per il primo scudetto e poi, 13 anni dopo, si ritrova a vincere sempre con la maglia viola il secondo scudetto. Brizi è uno dei primi campioni della Fiorentina che ho visto andando allo stadio, negli anni ’70, era un desiderio che avevo e raccontandolo ho scoperto molte cose di più, non solo che era quel difensore straordinario che conosciamo, rubando palla agli avversari spesso senza fare fallo, ma anche che era un signore in campo e anche fuori. Nel documentario ci sono diversi ex viola: Roggi, Antognoni, Merlo, Chiarugi, Quando li ho contattati per fare questa cosa, la risposta è stata di tutti assolutamente sì, per Pino questo ed altro. Per dire quanto era forte il rapporto di stima verso questo giocatore che è stato per diversi di loro compagno di squadra e chioccia per altri giocatori giovanissimi della Fiorentina. Veramente un maestro di calcio e non solo. Brizi ha fatto due gol non banali, il primo all’esordio contro la Spal ed il secondo in quella partita drammatica dove è la Fiorentina è sull’orlo del precipizio della Serie B ed il gol che fa lui non è quello che salva la Fiorentina, ma è sicuramente decisivo, lui viene ricordato anche per questo”.
Il figlio di Pino Brizi, Gianluca, nel documentario ha raccontato come suo padre si innamorò della Fiorentina, un’infatuazione che risale proprio ai tempi del primo scudetto. Poi il viaggio a Firenze vinto in un torneo, occasione in cui visitò lo stadio comunale ed incontrò i giocatori della Fiorentina, ricevette anche l’autografo di tutti i calciatori. Fu lo scoccare della scintilla “di una storia d’amore che è durata tutta la vita. Non ha mai cambiato squadra e non si sarebbe mai visto con una casacca diversa”, così l’ha definita il figlio. Brizi mosse i primi passi dal punto di vista calcistico presso l’oratorio dei Salesiani, poi il passaggio alla Robur prima di essere preso dalla Maceratese che lo fece allenare ed esordire in Serie C. Finì così anche nel giro delle rappresentative nazionali. Il suo modo di giocare attirò le attenzioni di diverse squadre tra cui Fiorentina, Spal e Modena.
Nel 1961 poi il grande salto, iniziò così la sua avventura con la maglia della Fiorentina. E poi dopo 14 anni in viola, quel telegramma, ad un giorno dalla fine del mercato, che segnò lo svincolo e dunque la fine della carriera alla Fiorentina di Pino Brizi, un “finale amaro”, per questa favola. L’ultimo frame del documentario ci restituisce un Pino, ormai anziano, che accarezza dolcemente la sua maglia viola con lo scudetto cucito sul petto, come a rivivere la bellezza di quel sogno realizzato. Presenti in sala sia Giancarlo Antognoni che Moreno Roggi, ex compagni di squadra di Pino Brizi.
“Pino Brizi quando arrivai 18enne alla Fiorentina è quello che mi ha un po’ instradato in questo mondo professionistico – ha svelato Giancarlo Antognoni -, gli sarò sempre riconoscente perché nel momento in cui sono venuto, a noi giovani, che iniziavamo in quel momento ci ha dato quella sicurezza e tranquillità per poter anche entrare in campo nel modo giusto, con la voglia di dimostrare e di dare qualcosa di positivo. Sicuramente tempi diversi, non si possono paragonare ad oggi. Uno che ha ricalcato quelle orme di Pino? In quegli anni c’era Pellegrini, che è subentrato anche nel ruolo di libero, ha fatto il capitano, poi altri che hanno proseguito. Ma nel ’74 già la squadra era un po’ cambiata, De Sisti e Merlo hanno cambiato squadra, quindi i vecchi giocatori che hanno vinto lo scudetto nel ’69 sono andati da altre parti. Ai giorni nostri ragazzi di esperienza, oggi si macina tutto talmente veloce che non ci sono giocatori che non ci sono più i giocatori che rimangono tanti anni nella stessa squadra. Pino Brizi credo sia rimasto 11 anni della Fiorentina, sono paragoni che non si possono fare. Brizenbauer? Giusto, non faceva fallo ma ti rubava la palla, il Beckenbauer della Fiorentina. Se sarebbe bello che Comuzzo ricalcasse un po’? Sono tempi diversi, oggi non si può dire, ha iniziato adesso ed è già sul mercato, non si può assolutamente paragonare ai vecchi tempi”.

“Pino Brizi è stato un esempio vero per tutti noi giovani – ha raccontato Moreno Roggi -, quella era una Fiorentina molto giovane, c’eravamo io, Desolati, Antognoni, Bresciani, Della Martira, tutta gente dai 18 ai 22 anni, Brizi nel ’72 quando siamo arrivati a Firenze, aveva 30 anni e faceva coppia fissa con Superchi, perché erano sposati e avevano figli della stessa età, si amalgamavano bene. Pino era un grande personaggio, mite, disponibile ma non remissivo. Si faceva valere, bastava un’occhiata per rimettere a posto tutti i giovani che andavano ‘fuori dal seminato’, quando sei giovane può accadere sia dentro che fuori dal campo, era un grandissimo aiuto per noi. Io mi ricordo che appena arrivato gli davo del lei, fino a due anni prima, a 16 anni li avevo nell’album delle figurine, mi veniva così, mi veniva male. Io mi ricordo che Pino quasi si offese ‘Io mica sono così vecchio’, fantastico. Un giocatore che ha ricalcato le orme di Brizi? Scirea, perché era un signore in campo, un grande giocatore, non faceva mai fallo e tecnicamente era insuperabile, infatti Brizenbauer perché all’epoca c’era Beckenbauer contro il quale ho avuto il grande onore di giocare in una partita contro il Bayern Monaco, e sembrava che non sudasse neanche, il gioco passava in realtà tutto da lui. Brizi era così, prima giocava da stopper, poi passò libero. Anche da stopper, non gli ho mai visto fare un fallo. Una volta fece una cosa strepitosa contro la Juve, portare via la palla di tacco ad Anastasi che è rimasto così male che per tutta la partita non ha giocato. Giocatori allontanati? Secondo me non si sono allontanati i giocatori, per me sono passati cinquant’anni, sono tanti. In questi cinquant’anni e il mondo è andato avanti, sono cambiate le persone non i giocatori e quindi siccome anche loro sono persone, è cambiato il mondo del calcio, così come tutti i tipi di ambienti. Non sono né meglio né peggio, è solo un altro modo di vedere le cose, prima c’era molta più empatia e contatto, i giocatori li trovavi sempre in centro nei negozi a salutare tutti. C’era molta unione, i vecchi chiamavano i giovani a cena per farli ambientare, così li inquadravano, gli dicevano come ci si deve comportare dentro, fuori dal campo, nella città. Come è il pubblico, che cosa vuole. Firenze è passionale, vuole impegno poi se sbagli la partita, pazienza. Ti mettevano nella condizione di fare subito squadra”.
