Torino, Lecce e Nazionale: droga e alcool lo hanno quasi distrutto | “Sono entrato in una fase depressiva”

Illustrazione di un tossicodipendente (Pixabay FOTO) - goalist.it
La droga e l’alcol lo hanno quasi ucciso, ha passato un periodo terribile. ma alla fine è riuscito a superare tutto quanto.
Il calcio è fatto di talento, sacrificio e disciplina, ma non tutti i giocatori riescono a gestire la pressione e il successo. Alcuni, nel corso della carriera, sono finiti nei guai per abuso di droga e alcol, compromettendo il loro rendimento in campo e, in certi casi, la loro vita.
Uno dei casi più noti è quello di Diego Maradona, che ha avuto problemi con la cocaina per anni, segnando la sua carriera tanto quanto i suoi gol straordinari.
Anche George Best, leggenda del Manchester United, si è autodistrutto con l’alcol, al punto da dire: “Ho speso molti soldi per alcol, donne e macchine veloci… il resto l’ho sperperato”.
Non si tratta solo di vecchie storie. Anche oggi alcuni calciatori vengono sorpresi ubriachi alla guida o trovati positivi a sostanze vietate.
Il buio dopo il calcio
Il calcio può darti tutto, ma quando finisce, può anche toglierti più di quanto immagini. Per molti giocatori il momento del ritiro è uno spartiacque tra il successo e il vuoto. C’è chi si reinventa, chi trova un nuovo scopo, ma c’è anche chi si perde. E Lys Gomis, ex portiere di Serie A, si è ritrovato esattamente lì, nel limbo tra il passato da atleta e un futuro che sembrava non esistere.
All’inizio provava a far finta di niente. Continuava a lavorare come allenatore dei portieri, cercando di mantenere una parvenza di normalità, ma dentro di sé c’era solo un enorme senso di fallimento. Si sentiva un estraneo nel suo stesso corpo, un uomo senza direzione. E più cercava di ignorarlo, più affondava. Alcol, droga, qualsiasi cosa pur di non affrontare la realtà. E chi gli voleva bene lo vedeva, provava ad aiutarlo, ma lui non voleva saperne. Fino a quel giorno.

La svolta
Un giorno, Lys si è guardato allo specchio e ha capito che non era più lui. Non provava emozioni, non sentiva nulla, si descriveva come morto dentro. Ed è lì che ha capito che qualcosa doveva cambiare. Ha trovato il coraggio di chiedere aiuto e si è affidato a un centro di recupero a Villafranca. Non è stato facile, per niente. Ci sono voluti mesi di terapia, confronti difficili e un lavoro interiore enorme. Ma alla fine, ha visto la luce.
Cinque mesi dopo, era un uomo nuovo. Ha chiesto scusa a chi aveva fatto soffrire, ha ritrovato se stesso e ha capito che voleva fare qualcosa di concreto per aiutare gli altri. “Sono entrato in una fase depressiva” ha raccontato a La Stampa, ma ora il suo obiettivo è fare prevenzione, sensibilizzare i giovani e parlare apertamente di ciò che ha vissuto. Ha deciso di dedicare la sua vita a questo, lavorando nel centro e portando il suo messaggio nelle scuole e nei centri sportivi. Perché se c’è una cosa che ha imparato, è che nessuno è mai davvero perso, basta solo trovare la strada giusta per tornare a vivere.