Ha confessato tutto: sport italiano nel baratro, dopo Sinner altro caso doping | 2 anni di squalifica

Sinner pensieroso durante una partita (Depositphotos)

Sinner pensieroso durante una partita (Depositphotos FOTO) - goalist.it

I casi di doping incominciano ad essere tanti negli ultimi anni, come questo particolare caso. Cos’è successo?

Il doping è una macchia che ha segnato tanti sport. Atleti di alto livello, sotto pressione per vincere a ogni costo, cedono alla tentazione di sostanze proibite.

Per anni negano, si difendono, ma alla fine la verità viene a galla. E quando confessano, spesso è troppo tardi per salvare la loro reputazione.

Uno dei casi più famosi è quello di Lance Armstrong. Ha dominato il Tour de France per sette anni, giurando di essere pulito. Poi, nel 2013, ha ammesso tutto in un’intervista con Oprah: EPO, trasfusioni, cortisone. 

Anche il mondo dell’atletica ha visto storie simili. Marion Jones, icona dei Giochi di Sydney 2000, ha negato per anni ogni coinvolgimento. Poi, nel 2007, ha confessato tra le lacrime di aver usato steroidi. Ha perso le sue medaglie e ha passato sei mesi in carcere.

Il peso degli errori

Ci sono scelte che ti segnano per sempre. Non importa quanto tempo passi, certe ombre restano. Ivan Basso, uno dei grandi nomi del ciclismo italiano, lo sa bene. Guardandosi indietro, oggi non ha paura di ammetterlo: si vergogna. “Mi pento e mi vergogno”, ha detto in un’intervista al Corriere della Sera. Parole pesanti, che raccontano di un passato che non si cancella con una semplice confessione. Perché il ciclismo, negli anni 2000, era una giungla. E resistere alla tentazione del doping, per molti, era quasi impossibile.

Basso, con il suo talento e la sua grinta, aveva tutto per restare nella storia come un campione pulito. E invece, è finito nell’occhio del ciclone. Nel 2006 il suo nome compare nell’Operación Puerto, una delle inchieste più esplosive sul doping. Un colpo durissimo per la sua carriera e per l’immagine del ciclismo italiano. Per mesi nega tutto, cerca di difendersi, di smarcarsi dalle accuse. Ma alla fine la verità viene a galla.

Ivan Basso a sinistra nel 2004 (WIkipedia Petrusbarbygere FOTO) - goalist.it
Ivan Basso a sinistra nel 2004 (WIkipedia Petrusbarbygere FOTO) – goalist.it

La confessione e il ritorno

Nel 2007, la svolta: Basso ammette di aver pianificato l’uso di trasfusioni di sangue per migliorare le prestazioni. Non dice di averle usate, ma ormai il danno è fatto. La confessione gli costa due anni di squalifica e una reputazione macchiata per sempre. Un errore che pesa, ma che non gli impedisce di tornare in sella. E infatti, nel 2010, riesce a vincere di nuovo il Giro d’Italia, dimostrando che il talento, alla fine, non si era mai spento.

Oggi, guardando indietro, Basso non cerca scuse. Sa di aver sbagliato e lo dice senza giri di parole. Ora parla di etica, di valori, di scelte giuste. Ma il passato non si cancella. Nel ciclismo, come nella vita, certi errori restano scritti a caratteri indelebili.