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“Non un minuto di silenzio”: il Palermo in campo per Sara Campanella e tutte le vittime di femminicidio

Domenica contro il Sassuolo, i rosanero indosseranno una maglia commemorativa con i nomi delle donne uccise dal 2024 a oggi

Il Palermo Calcio scende in campo non solo per vincere una partita, ma per lanciare un messaggio forte e chiaro. Domenica 6 aprile, nella sfida contro il Sassuolo, i giocatori rosanero indosseranno una maglia speciale in memoria di Sara Campanella, la giovane palermitana uccisa a Messina da un compagno di università. Il gesto nasce dalla volontà di sensibilizzare e ricordare lei e tutte le altre donne vittime di femminicidio in Italia. Sul retro della t-shirt compariranno i 94 nomi delle donne uccise tra il 2024 e il 2025, trattati quasi come fossero nomi di una formazione: perché questo fenomeno non è un caso isolato, ma una strage sistemica che va affrontata collettivamente.

“Non un minuto di silenzio” sarà la scritta in evidenza sulla maglia scura dei giocatori. Un messaggio che è un appello all’azione, non al silenzio. Il Palermo, da anni impegnato nella lotta alla violenza di genere, rafforza così il suo impatto sociale, ricordando anche iniziative simboliche come la “poltrona rosa” allo stadio Barbera o il video “BASTA!” realizzato nel 2023. Anche il Sassuolo aderirà: i calciatori di entrambe le squadre porteranno sul volto un segno rosso, simbolo dell’impegno contro la violenza sulle donne. Perché la battaglia si combatte anche – e soprattutto – fuori dal campo.

Contro la normalizzazione della violenza. Serve un cambiamento strutturale

Non basta una legge, serve cultura. Nell’ultima settimana, l’Italia ha contato due nuovi femminicidi: Ilaria Sula e Sara Campanella. E non si tratta di eccezioni. Nel silenzio delle istituzioni, siamo noi a contare le vittime. Ogni mese, l’osservatorio di Non Una Di Meno aggiorna un bollettino di ogni vita persa vittima di femminicidio. Al momento, secondo l’ANSA, i femminicidi del 2025 sarebbero già 18. Il governo ha approvato un disegno di legge che introduce il reato specifico di femminicidio, con pena l’ergastolo per chi uccide una donna per odio o controllo. Ma inasprire le pene non basta: serve un cambiamento profondo, culturale, strutturale.

Finché lo Stato affronterà questi omicidi come responsabilità individuali, la risposta sarà sempre solo una: il carcere. Ma il femminicidio è il frutto di un sistema patriarcale, non di una serie di eccezioni. Lo ripetiamo da anni: la vera prevenzione passa dall’educazione, dalle scuole, dalla formazione al rispetto e alla libertà. Solo così si potrà interrompere il ciclo della violenza. Intanto, continueremo a contare le vittime. Con rabbia, con dolore. Ma anche con la forza di chi non si arrende.

Marta Franco

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